giovedì 28 marzo 2013

Bianca come il latte, rossa come il sangue

di Giacomo Campiotti
con Filippo Scicchitano, Luca Argentero, Gaia Weiss, Aurora Ruffino
Italia 2013



Leo ha sedici anni e ama Beatrice, una ragazza dai lucenti capelli rossi. Va a scuola, alla quale è interessato ben poco e ha due amici fedeli e importanti: Niko e Silvia, che sono il suo universo chiarificatore e dove ritrova la pace. Dopo tanti maldestri tentativi finalmente conoscerà Beatrice, ma presto dovrà fare i conti con la malattia di lei che lo porterà a vedere le cose da un punto di vista più profondo ed insolito. Deciderà di starle accanto, di crederci, di avere speranza e fiducia nel fututo cercando di alleviare le di lei sofferenze e tristezze.Nel frattempo sarà il nuovo professore di italiano a prenderlo dolcemente per mano e condurlo a nuove riflessioni e consapevolezze. 

Fra una partita di calcetto e una bicicletta malandata, tra musiche prepotenti (colonna sonora dei Modà) e genitori preoccupati, tra lezioni di Dante e tiri di boxe inaspettati, Giacomo Campiotti firma una pellicola di formazione che farà breccia in tutti i teenager che se ne accosteranno. Bianca come il latte rossa come il sangue è la trasposizione cinematografica di un ormai best seller tradotto in venti lingue scritto dal professore di origini palermitane Alessandro D’Avenia. E si percepisce che dietro il film ci sia l’ossatura robusta di un libro. Non pensate a Moccia o altri, questo è un libro e un film diverso. Per certi aspetti più intenso, sicuramente più curato. D’Avenia sa di ciò che parla, si addentra nel mondo degli adolescenti per capirli, aiutarli e farne venire fuori una profondità spesso non riconosciuta. Le tematiche affrontate sono tante e questo potrebbe sembrare un limite, in realtà il regista riesce a dare un giusto equilibrio a tutta la storia. 

Leo vive, come tutti gli adolescenti, le proprie emozioni passionalmente, senza limiti ed estremizzando ogni emozione. Ama Beatrice e non vede altro. La scuola va male, le argomentazioni trattate sono troppo lontane dai suoi problemi. Ama il rosso ed odia il bianco, Leo non conosce sfumature. Quando però il sangue di Beatrice si ammala diventando da rosso sempre più bianco, si ritrova in un vortice di collera e disperazione e dovrà riflettere sulla malattia, la morte, l’amore, la perdita. E lo affronta come qualsiasi 16enne farebbe: con rabbia. Nel frattempo dall’altro lato c’è una sedicenne che deve affrontare la malattia e la paura della morte, allora si affida a Dio perché “ha nostalgia di Dio, di come credevo in lui da bambina”.  Ecco dunque anche il tema della religiosità e successivamente quello della solidarietà attraverso il tema del trapianto (in questo caso del midollo) e della possibilità reale e concreta di aiutare qualcuno. 

Leo si ribella, ha paura, ma sarà un momento necessario di crescita e di rivoluzione interiore perché crescere significa misurarsi col mondo. Un film dunque interessante e importante per far riflettere i più giovani e far capire qualcosa in più dei ragazzi ai meno giovani.

3/5

Pubblicato su: Cinema4stelle

Un tributo a Luca Argentero (il prof. del film) credo sia doveroso XD


domenica 17 marzo 2013

Viva la libertà

di Roberto Andò
con Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto
Italia, 2013


Non è mai facile parlare di politica perché si rischia sempre di toccare gli interessi che riguardano una fetta troppo ampia di uomini. Non lo è perché si può entrare in un discorso senza fine e compromettere la struttura del film.
Viva la libertà non solo parla di politica, ma ne parla con una leggerezza e un'ironia compiuta. E parla non solo di una politica arruffona e disordinata, ma anche di una società stanca e ormai priva di forze. E tutto ciò non fa altro che ricordare l'attuale situazione italiana. Non a caso.
Enrico Oliveri (Toni Servillo) è il segretario leader del partiro di sinistra che dovrebbe fare opposizione, ma che in realtà è anch'egli cospiratore e invischiato nel sistema corrotto italiano. Il popolo stanco, però, probabilmente non gli darà più alcuna fiducia. Decide di sparire rifugiandosi in Francia da una vecchia fiamma. Il suo braccio destro Andrea Bottino (un notevole Valerio Mastandrea) va in totale panico, non sa come gestire questa fuga e decide di chiedere al fratello gemello di Oliveri, Giovanni (interpretato sempre dal magistrale e sempre perfetto Toni Servillo), ex professore di filosofia, di sostituire il fratello 'latitante'. Giovanni, però, è molto diverso da Enrico non solo perché è da poco uscito dal manicomio, ma perché possiede quelle qualità che Enrico non ha: la vivacità, l'estrosità, la dolcezza e la sagacità, l'ironia e la cultura. Così Giovanni, all'insaputa di tutti, inizierà un percorso di ripresa di fiducia non solo del proprio team, ma dell'Italia intera. E lo fa con risposte importanti, citando filosofi e cultori, tra una poesia di Brecht e un giro di valzer.
I richiami a un'attuale situazione italiana ci sono tutti. Ed è interessanti rifletterci sopra e capire a chi Roberto Andò forse potrebbe riferirsi. Enrico è in fuga, un po' per trovare se stesso, un po' perché stanco di inutili tentativi di riuscita e molla tutto: lavoro, casa, moglie. Enrico è invece una sorta di matto, un uomo dalle maniere stravaganti, ma travolgente e dalle buone intenzioni, uno che parte dai meno fortunati per riempire i cuori di grandi speranze. L'interpretazioni di Toni Servillo (che stavolta interpreta due ruoli, uno opposto all'altro, entrambi convincenti e meravigliosi) è impeccabile. I suoi monologhi sono intrisi di profondità stilistica e intensità narrativa. Servillo è uno dei nostri vanti italiani per recitazione e regia teatrale e ogni film dove prende parte è sempre uno spettacolo unico.
Ne viene fuori una commedia simpatica e ilare perché nonostante la serietà dell'argomentazione il regista riesce, attraverso attori che si prestano benissimo, a strappare numerose riflessioni attraverso la risata (tipica forse della formazione teatrale di Andò). Usa uno degli espedienti tipici del teatro latino, ossia lo scambio di persona e il tema del doppio, dove l'uno sembra l'opposto dell'altro (il bene e il male), per spiegare in modo leggero (e per leggero si intende con perspicace ironia) la politica del cuore, ossia una politica fatta di buoni sentimenti perché "L'unica alleanza possibile è con la coscienza della gente". Passionale, lucido, controcorrente, Giovanni è una figura diversa, ma positiva. Ciò che serviva per un nuovo inizio.
Un film dunque sorprendente dal finale ambivalente e antinomicamente completo.

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venerdì 1 marzo 2013

Noi siamo infinito

di Stephen Chbosky
con Logan Lerman, Emma Watson, Ezra Miller
Usa 2012



Ci sono film speciali, così teneri da tenderti la mano. Così inaspettatamente profondi che proprio non te l'aspettavi. Così delicati da rimanerne felicemente sorpreso. Capita guardando Noi siamo infinito, un film sull'adolescenza, sulle sue tragicità e sui suoi romanticismi che esistono solo in quell'età che Sertillanges amava definire "la stagione del cuore" perché qualsiasi cosa si faccia o si pensi è solo una questione di pancia. 
Noi siamo infinito è un film tratto dal famosissimo libro "The Perks of Being a Wallflower" (Ragazzo da parete), romanzo cult del 1999 firmato Stephen Chbosky. Ed è egli stesso a distanza di tredici anni a girarne il film. Una scommessa vinta senza discussioni, grazie alla stessa sensibilità che non solo riuscì a mettere nel libro, ma che ritroviamo nello stesso film.
Charlie Kelmeckis è un ragazzo che da poco ha iniziato il liceo, introverso e amante della lettura. Vive due tragedie personali che lo portano a rintanarsi in un mondo tutto suo, fatto di paure, fantasmi e allucinazioni. E' un giovane sensibile ed impaurito, ma che non ha voglia di arrendersi. Impersonato da un vigoroso Logan Lerman. Incontrerà Patrick e Sam, iscritti all'ultimo anno del liceo che vivono anche loro i propri drammi e paure, privi dei classici paletti che impongono quali amicizie farsi o non farsi al liceo.  Patrick è gay e appare tranquillo e incurante degli sguardi altrui. Interpretato da un Ezra Miller meravigliosamente perfetto nella parte più intensa di tutta la pellicola perché nonostante sia il più divertente riesce a trasmettere il dramma interiore della diversità. Bellissima la sua interpretazione nel The Rocky Horror Picture Show. Sam è una ragazza tormentata e triste ma perfettamente cosciente. E qui troviamo una Emma Watzon, liberatasi dai panni di Hermione per poter finalmente esprimere la propria particolare bellezza e bravura. Sono due ragazzi naturali, genuini, anche ingenui che intraprenderanno un'amicizia sincera con Charlie.
Muovendosi leggeri e acuti danno vita a un film che è un tocco per corpo e anima. Tutto parla, dalla musica, che viaggia perfetta dagli Smiths a Bowie fino alle opere letterarie citate che sono un classico dell'adolescenza. Le prime esperienze, le paure di non farcela, il dramma dell'abbandono, i primi baci, le musicassette regalate dopo una notte intera passata a scegliere cosa inciderci, i primi balli, le letture impegnative.
 Noi siamo infinito è un gioiellino da consigliare e di cui goderne perché ha quel tocco vintage che ricorda gli anni Ottanta e Novanta e si muove con la leggerezza del racconto che deriva da un libro. E' una pellicola sull'amicizia, su come tre anime si incontrino e intensamente come se si ritrovassero per non lasciarsi mai. Anche se poi la vita li potrebbe portare a dividersi. E' una film sull'amore, sui suoi limiti e sul timore di amare, di esporsi, di ammettere ciò che si prova perché spesso "Accettiamo l'amore che pensiamo di meritare". L'adolescenza: la paura e la voglia di diventare adulti, un'età in cui tutto è un mistero, il futuro è una meravigliosa domanda, le aspettative sono tante e pensi che sì, tu puoi farcela e cambiare il mondo. Ma è bella la consapevolezza dell'Esserci, quel momento in cui ti fermi e pensi "Sono Qui ed Ora", nonostante tutto e tutti, nonostante le angosce e le tragedie personali. Ed è proprio in quel momento che penserai di essere infinito. 

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