giovedì 30 dicembre 2010

Twin Peaks

di David Lynch e Mark Frost, 1990-1991, Usa

Questo per me è stato l'anno in cui, finalmente, ho visto Twin Peaks e non posso fare a meno di dire che è la migliore serie tv che abbia mai visto. Di Twin Peaks s'è detto tutto. Nonostante i vent'anni trascorsi è riuscita a regalarmi delle sensazioni e dei pensieri unici. Che David Lynch fosse un regista strepitoso questo si sapeva, ma con Twin Peaks ci ha regalato più che un film. Le atmosfere, i luoghi, i personaggi sempre così fuori le righe e sempre così misteriosi, ogni volta è stata una scoperta capire che non erano quello che sembravano. Lynch ha giocato con la nostra mente, con i nostri credo, con le nostre paure, insomma è riuscito a catapultarci in situazioni surreali e immaginarie. E' riuscito ad ingannarci.
La lotta tra il Bene e il Male è stata trattata con maestria e acume. E' stato, per me, un vero e proprio viaggio nelle illusioni e nelle visioni lynchiane. Filosofia, religione, psicologia, letteratura: Agostino, Nietzsche, Freud, Seneca, la Bibbia.

Scoprire chi avesse ucciso Laura Palmer è stata una rivelazione. La seconda stagione ha sicuramente preso un'altra piega, allontanandosi dal tormentone 'Chi ha ucciso Laura Palmer?', tuttavia ha aperto un altro mondo di mistero e di infinite domande. Insomma Strepitosa!!!
E che finale! so che era prevista una terza stagione e lì per lì volevo sapere ancora di più, ma in verità è un finale eccezionale! Personaggi mitici che resteranno per sempre nell'immaginario dei tantissimi fans (perché mi viene in mente la donna col ceppo????^^)

Un voto??? ovviamente il massimo.

Frase Cult: I gufi non sono quello che sembrano!





American life (Away we go)

di Sam Mendes, con John KrasinskiMaya Rudolph, 2009, Usa, Gran Bretagna


American life (ma perché tradurlo così se già Away we go andava strabene???) è il classico film che senza irruenza, ma con dolcezza e garbo ti entra dentro. Composto, delicato, sottile. Quando finisci di guardarlo ti ritrovi con un sorriso ebete e cominci a riflettere. Perché dietro tutto il cammino di questa giovane coppia c'è la riscoperta di se stessi. Un viaggio che approda nella propria familiarità, nel proprio cuore, nel proprio io, l'unico luogo importante dove si deve imparare a stare. Perché se non si accettano i drammi della vita è inutile cercare, si finirebbe per non trovare mai. Un viaggio di ricerca, d'amore, ma soprattutto di riscoperta di sé. A volte è necessario partire, cercare, scoprire, fare giri immensi, per poi ritornare laddove si era lasciato. Un percorso che Burt e Verona decidono di intraprendere insieme, perché diventare genitori è un momento di straordinaria e spaventosa felicità!


4/5

lunedì 20 dicembre 2010

Barfly - Moscone da bar

di Barbet Schroeder, con Mickey RourkeFaye DunawayAlice KrigeStacey PickrenFrank StalloneUSA, 1987


Ieri sera ho visto Barfly e credo non mi sia piaciuto. Ammetto che nonostante sia monotematico, il film scorre piacevolmente e si "lascia guardare" volentieri. Il tema in sé è anche particolare e suggestivo: un poeta maledetto e sregolato, che vive alla giornata, incontra una donna ed è amore dal primo sorso. Tra tradimenti e riconciliazioni, il film traccia un'analisi sulla società e sulla reale o fittizia libertà delle persone. 
E' vero anche che non ho mai amato Bukowski, dal cui libro è tratto il film, per un tipo di scrittura che non prediligo (mio limite, ci mancherebbe). Ma la verità è che non mi è proprio piaciuto l'attore e il suo modo di presentare il personaggio. Ora, io il libro di Bukowski in questione non l'ho letto, ma qualcosa su Henry Chinaski sì (Post Office) e sinceramente lo immaginavo diverso. Mickey Rourke (apprezzato in molto altri film), qui,  pecca di istrionismo, secondo me. Non mi piace, non mi fa simpatia, mi innervosisce quel modo esagerato di camminare, quel mascellone pronunciato. E questo mi ha rovinato tutto il film. Ho apprezzato invece Wanda, più naturale e convincente. 
Per il resto il film, prodotto tra l'altro da Francis Ford Coppola, non è male e il momento più alto è quando Chinaski parla della "gabbia dorata" nella quale vive Tully, una giovane e bella donna proprietaria di una rivista letteraria. Il discorso sulla sua vita, sul come sia un uomo che appartenga alla strada, di come non possa vivere una vita ordinaria, è altissimo. A voler dire che ciò che fa o come vive, in realtà, è una sua scelta e non conseguenza di valutazioni sbagliate. Mentre gli altri, apparentemente benestanti, con case di lusso e vite impeccabili, sono prigioniere di se stessi e di modi preconfezionati di vivere. Cos'è veramente la libertà? E chi è veramente libero? 
Un po' stile "Le cose che possiedi alla fine ti possiedono".


La frase Tolstoj diceva: " La vicinanza della donna è una necessaria spiacevolezza della vita. Evitala per quanto ti è possibile".


"Io appartengo alla strada, non mi ci sento qui, non riesco a respirare."
"Forse perché non ci sei abituato, ma qui puoi crescere"
"Bella, le piante crescono. Io odio le radici."


Curiosità Barfly in gergo vuol dire 'mosca da bar'.


Voto 2/5







domenica 12 dicembre 2010

Cyrus


di Jay Duplass, Mark Duplass, con John C. Reilly, Marisa Tomei, Johan Hill, Usa, 2010

John, uomo solitario, dopo sette anni dalla fine del suo matrimonio decide di cercare una nuova compagna. Durante una festa incontra per caso Molly (una magnifica Marisa Tomei), donna affascinante e simpatica ed intraprende con lei un’appassionante storia d’amore. Ma presto John dovrà fare i conti con una ingombrante presenza (in tutti i sensi): il figlio di Molly. Cyrus è un ragazzone di 21 anni, vissuto senza la figura paterna, che inizia un ‘buon viso a cattivo gioco’ nei confronti di John. Cyrus è geloso, possessivo e darà inizio ad una guerra psicologica nel tentativo disperato di ‘riprendersi’ la madre. Il rapporto madre-figlio è decisamente ossessivo, molto personale, dettato sicuramente dall’assenza, negli anni, di una figura maschile. Cyrus è apparentemente un uomo, che poi finirà per rivelare fragilità e paure di chi ha un solo genitore e di chi teme la crescita e preferisce rimanere chiuso nella propria casa coi propri affetti. Il ragazzo non vuole diventare adulto ed affrontare i distacchi e l’indipendenza che ciò comporta.
Insomma una commedia psicologica, che indaga nell’animo umano, che scava in quei sentimenti esistenziali, fragili eppure teneri, dove al centro c’è sempre l’amore. Non mancano i momenti più ilari e comici che fanno da cornice ad una storia ben calibrata tra simpatia e malinconia.
Una commedia ben recitata, ben scritta, ben girata. Lo zoom delle inquadrature e i movimenti della macchina danno un senso di realismo e di vicinanza con i personaggi.
La prova dei tre attori è molto convincente. Un trio perfetto, tra i quali spicca Johan Hill (il nostro Cyrus). L’attore riesce perfettamente nello scopo di apparire sicuro di sé e simpatico, ma attraverso i suoi occhi riusciamo ogni volta a cogliere i timori e gli sconforti che lo assalgono. 

3/5

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