venerdì 19 novembre 2010

I fiori di Kirkuk

di Fariborz Kamkari, con Morjana Alaoui, Ertem Eser, Mohammed Bakri, Italia, 2010


Iraq 1988. Il regime di Saddam Hussein è impegnato in una spietata decimazione del popolo curdo. Il Paese è in ginocchio, devastato da sangue e miseria. Najla fa ritorno a Baghdad dopo aver studiato medicina a Roma. Ritorna con un unico scopo: sapere dove sia finito Sherko, l’uomo che lei ama, medico curdo, rientrato in patria per aiutare le forze ribelli. Lei, donna forte, libera, indipendente, deve lottare sin da subito contro la fermezza della morale tradizionale, che vede la donna prima come figlia e poi come moglie. Deve resistere nella dura ricerca dell’uomo che ama. Ciò la porterà a lavorare come guardia medica dell’esercito per aiutare le forze ribelle e riuscire così a liberare Sherko. Il tutto contrastando il tenero, e a volte feroce, amore del generale Mokhtar. 
Interessante il ritratto di una donna che ha il coraggio e la forza di esprimere le proprie idee e di affrontare tutte le conseguenze che ne derivano, in un Paese dove tutto ciò non è poi così scontato. Morjana Alaoui, la bella attrice, che interpreta questo ruolo, a volte risulta plateale e poco credibile.
Attraverso le avventure dei due innamorati, Fariborz kamkari, regista curdo formatosi in Italia, decide di raccontare, quasi come un documentario, il cruento massacro dei curdi avvenuto alla fine degli anni Ottanta. E lo fa con immagini forti che ti inchiodano alla poltrona. Importanti le riflessioni che nascono con la visione del film, perché la storia non va dimenticata. Sicuramente una delle pagine più tristi della storia araba. Da cornice la città di Kirkuk, un luogo dove “l’amore non è possibile”.
Da contrasto alle città grigie e tetre devastate da guerre, uccisioni e morti, saranno solo i fiori di Kirkuk, unico schizzo di colore in un quadro altrimenti solo cinereo. I fiori come unica fonte di calore umano, di positività, di luce in mezzo a tutto questo buio, unico barlume in un Paese che uccide i suoi figli. 
Nonostante la pellicola proponga temi importanti, però, il film stenta a decollare. Ciò che manca è, forse, un impianto unitario sia da un punto stilistico, che argomentativo. Gli elementi, in verità ci sarebbero tutti, ma il racconto rimane fermo ad un livello formale, tradendo, così, le aspettative del regista. 

2,5/5


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