lunedì 30 maggio 2011

Cirkus Columbia


di Danis Tanovic, con Miki Manojlovic, Boris Ler, Mira Furlan, Bosnia-Herzegovina, 2010. 
Jugoslavia, 1991. Dopo la caduta del comunismo Divko Buntic (Miki Manojlovic, conosciuto per i numerosi lavori con Emir Kusturica) ritorna nel proprio paese d’origine dopo vent’anni d’esilio in Germania, con una giovane ed affascinante amante, Azra, con un gatto portafortuna Bonnie e con le tasche piene di soldi. Grazie all’amicizia del sindaco sfratta dalla sua casa l’ex moglie (Mira Furlan, la Danielle Rousseau di Lost) e il giovane figlio Martin. Divko cercherà in qualche modo di riallacciare i rapporti con un figlio che non ha mai visto, nonostante i suoi modi burberi e l’apparente odio dell’ex moglie. Quando però il gatto Bonnie, una notte, scompare, tutto il mondo di Divko inizia a vacillare. Nel frattempo la guerra serbo- bosniaca è alle porte ed in una notte tante cose cambieranno. Danis Tanovic ritorna a parlare dei conflitti nei balcani (dopo il buon esordio nel 2001 con No Man’s Land) e volutamente ci racconta la storia di più personaggi in un periodo precedente alla guerra. E lo fa attraverso un racconto familiare, ma senza mai veramente scavare fino in fondo gli animi umani. Il racconto sembra non prendere mai il lancio verso qualche precisa tematica, quasi come se si trattenesse dal raccontarci qualcosa di più profondo. Eppure i temi ci sono, ma non vengono sfruttati al massimo. Sarà anche la scelta di non utilizzare nessuna colonna sonora a rendere le atmosfere più asettiche.
Amore e guerra: la guerra che muove le vicende umane, che ne dirige il corso e ne cambia le direzioni e poi l’amore, di una madre e di un padre verso un figlio, di un uomo verso il proprio gatto, di Martin verso Azra; l’amore che come una giostra, fa giri immensi e poi ritorna, nonostante le bombe sulla città e nonostante gli anni di contrasti e silenzi. Un film insomma che si presta bene, grazie anche all’omonimo romanzo di Ivica Dikic dal quale è ispirato, ma che manca di quell’energia e di quella direzionalità che porterebbe il pubblico a qualcosa di più concreto.
2/5


Pubblicato su: cinema4stelle

martedì 24 maggio 2011

Bambini nel tempo. Ian McEwan


Scrittura sofisticata e tema molto impegnativo, Bambini nel tempo è un libro che partendo da un pretesto riesce a mettere in discussione tutta l'esistenza. Stephen Lewis è un giovane autore di libri per bambini, felicemente sposato con Julie e papà di Kate, la quale scompare nel nulla un mattino d'autunno mentre è in coda al supermercato col papà. Rapita? Fuggita? Da questo drammatico momento Stephen inizierà una lunga ed estenuante ricerca della piccola che lo porterà inevitabilmente a fare i conti con se stesso e con tutto il suo passato. Una riflessione sulla vita trascorsa, per dare senso ad un presente che non ha più alcun significato senza Kate. Un padre provato, marito abbandonato, perché quando il dolore lacera l'anima è difficile stare accanto a qualcuno, un uomo che fugge e ritorna, che spera, che lotta, ma che cade ad ogni ostacolo. E' una riflessione sul tempo, perché bambina non è solo la dolce Kate, ma bambino è stato Stephen, bambino è Charlie, amico di Stephen e uomo dalla personalità complessa. Il tempo come cura del vuoto che sente Stephen, un uomo solo con se stesso e il proprio dolore. Il tempo come cura perché solo ricordando il passato con tutti i suoi personaggi, che si può pensare ad un oggi. Un libro angosciante e a tratti freddo, non scorrevole nella lettura e spesso fuorviante nelle digressioni, ma che ha una potenza significativa che va oltre ogni spiegazione. Il senso è tutto da cogliere e percepire. "Non si può vivere nel tempo presente, perché non esiste...perché noi siamo fatti di tutti i nostri ieri", ma poi succede qualcosa che ridà vita e speranza e come un cerchio la vita riprende laddove la si è lasciata. Il tempo, vero protagonista, è un galantuomo e ridà, a volte, ciò che toglie, e toglie, altre volte, ciò che dona, ma col quale tutti noi dobbiamo fare prima o poi i conti.

3,5/5


E se il Cavaliere fosse il Tempo?

mercoledì 4 maggio 2011

Duncan Jones' film

Moon di Duncan Jones con Sam Rockwell, Regno Unito, 2009, Fantascienza


Film mancato alla sua uscita, ora recuperato prima di vedere Source code. Moon è certamente uno dei migliori scifi degli ultimi tempi. Le assonanze con 2001: Odissea nello spazio sono molte ed evidenti, richiami fatti con stile. C'è Gerty che ricorda Hal, c'è la stessa navicella spaziale, c'è un uomo solo con la propria umanità.
E' un film etico, che parla dell'uomo partendo dai cloni (o duplicanti, se vogliamo vederci anche Blade Runner), i quali rivendicano il loro diritto di esistere perché come gli uomini sentono e provano sentimenti: "Non siamo programmi Gerty, siamo persone" dice uno dei Sam. E così emerge la cattiveria dell'uomo contro le intelligenze artificiali, le quali sviluppano sensazioni e istinti (vengono in mente anche The Island e - forse azzardo-  Non Lasciarmi). Sentimenti, umanità, disperazione, assurdità dell'esistenza: temi filosofici e metafisici portati sullo schermo con acume e intelligenza.

Un film indipendente che sa cosa dire, impreziosito dall'ormai conosciuto e sempre bravo Clint Mansell, perfetto se non fosse stato per quel finale affrettato e, forse, sconclusionato.

4/5


Source code di Duncan Jones, con Jake Gyllenhall, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Usa, 2011


Source Code è un film forte che tiene incollati per tutta la durata.  Il Capitano Colter dovrà affrontare continui viaggi nel tempo nel tentativo di trovare l'attentatore che la mattina prima ha fatto esplodere un treno, riuscendo così ad evitare altri attentati previsti dallo stesso. E' un uomo confuso dapprima, deciso ed esperto dopo. Uno scifi imperdibile e assolutamente originale, di un Jones che alla seconda regia conferma una bravura già mostrata. Altro discorso etico filosofico quello che si rivela sul finire del film, che ricorda la tematica dell'intelligenza artificiale e dell'insaziabile avidità umana già vista in Moon. Ci sono anche temi medici per spiegare scientificamente i continui rimandi del capitano sul treno, grazie ai quali potrà risolvere personali dubbi ed incontrare una persona importante. Molti ingredienti quindi, senza mai finire nel ridicolo o uscire fuori tema. Il tutto sempre arricchito dalle musiche del solito Clint Mansell, con un finale da ricordare!

4/5
                                                                                                                                                                      

lunedì 2 maggio 2011

Il sesso aggiunto


di Francesco Antonio Castaldo, con Giuseppe Zeno, Myriam Catania, Valentina D'agostino, Italia, 2011.


Il bravo Giuseppe Zeno con Myriam Catania
Il Sesso Aggiunto è un film sulla tossicodipendenza e sulla triste quotidianità di un gruppo di tossici che vivono in attesa. Alan è un bellissimo uomo, che vive aspettando di 'farsi' e dedica tutto il suo tempo a cercare i soldi per comprare la roba. C'è Laura, la sua ragazza, una borghese finita nel vortice della droga. Valentino, malato di Aids, prossimo alla morte, innamorato di Barbara. Poi c'è Nancy, appena uscita dalla comunità, ma spaventata e sospesa su quel limite sottile e labile di chi non si droga più, ma che è continuamente tentato dal rifarlo.
Fare un film del genere non è facile, soprattutto se sono esperienze non vissute personalmente, perché semplice è cadere nei luoghi comuni o finire per fare inutili paternalismi e si rischia di fare un film 'per le scuole'. 
Alan trascorre le sue giornate, e come lui tutti i suoi amici, pensando solo a se stesso e a 'lei': la droga viene continuamente personificata e associata ad una donna, che ti rapisce l'anima e la mente, la quale quando c'è, è un momento unico ed intenso, ma quando va via, per stare con qualcun altro, ti lascia lì, inerme a soffrire. Alan va contro la madre e la sorella, umiliandosi e umiliandole, in continua ricerca di soldi, senza badare alle loro sofferenze e mortificazioni. Però Alan è anche un intellettuale, un uomo che scrive e cerca di trovare un senso a se stesso, soprattutto dopo il ritorno di Nancy. Inizia un percorso di analisi interiore e di ripresa, cercando quel 'dio' che è dentro di noi: l'amore. Alan dice che, per lui, dovrà arrivare il tempo in cui penserà 'E' il momento': è arrivato il momento di riprendere la propria vita in mano, di smettere di drogarsi, partendo da dove si è iniziato, ossia dall'amore primordiale e sempre presente di una madre, per rinascere a nuova vita, nel perdono. Un istante importante perché è allora che inizia la catarsi verso qualcosa di migliore. Un viaggio interiore, dunque, quello del protagonista, un percorso di presa di coscienza della propria condizione verso una nuova e più lucida consapevolezza.
Il film, forse, a tratti risulta verboso soprattutto quando si lascia andare alle lunghe disamine interiori, che rappresentano di certo il punto chiave attraverso il quale capire e cogliere  il film, ma che sembrano fuori contesto rispetto al resto della pellicola e, nonostante le grandi riflessioni di Alan, recitate benissimo da Giuseppe Zeno, il quale si percepisce abbia avuto esperienze teatrali, si ha l'impressione di non esserci addentrati molto a fondo. Si ha la sensazione di rimanere in superficie e di non riuscire ad inoltrarsi negli abissi della coscienza umana, quella parte fragile e tenera che porta a farsi del male.
2/5
Pubblicato su: Cinema4Stelle
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