domenica 27 febbraio 2011

Unknown - Senza identità

di Jaume Collett-Serra, con Liam Neeson, Diane Kruger, January Jones, Frank Langella, FRancia, Germania, Usa, 2011, uscito il 25 febbraio 2011



Berlino. Martin Harris è un importante botanico americano, che si reca nella capitale tedesca insieme alla moglie Liz per presiedere ad un celebre convegno di biotecnologie. Arrivati al lussuoso albergo, Martin si renderà conto di aver smarrito in aeroporto la sua ventiquattrore, così immediatamente prende un altro taxi nel tentativo di recuperare la preziosa valigetta. Durante il tragitto sarà, però, vittima di un fatale incidente e vivo per miracolo, grazie alla taxista, si risveglierà in ospedale dopo qualche giorno di coma. Una volta rinvenuto, il suo unico pensiero è la moglie rimasta sola in una città sconosciuta. Ritornato in albergo, scoprirà non solo che la moglie ignora chi lui sia, ma che accanto a lei c’è suo marito Martin Harris, il quale, sembra avergli rubato la sua identità. Un caso di doppia identità? Confusione dovuta al drammatico incidente? Una personalità caotica che crede di essere qualcun altro? 
Jaume Collet-Serra, il regista spagnolo, già acclamato nella sua discutissima precedente pellicola Orphan, confeziona un buon psycho-thriller, dalle sfumature hitchcockiane. Un action movie sicuramente classico nel suo genere, senza nessuna caratteristica innovativa, che tuttavia regala un bel film. Forse, ciò che manca è un’analisi più interiore ed intima del protagonista, difatti la vicenda rimane, da questo punto di vista, in superficie. Interessante la crescita narrativa che porta a svelare la realtà dei fatti in un crescendo di tensione e di suspance. Notevoli gli inseguimenti ed è bravo Liam Neeson a rendere il senso di disorientamento e confusione che solo la perdita della propria identità può portare.  In una Berlino fredda e sconosciuta il protagonista andrà a caccia della verità in un percorso di ricerca che porterà a vari colpi di scena. E se Martin Harris dapprima è confuso e impaurito, alla fine verrà fuori l’uomo forte e anche spietato che in lui si nasconde.
Architettato in modo particolare e con una trama impenetrabile se non fino all’ultima mezz’ora quando tutto diverrà chiaro, la pellicola si muove verso la scoperta della vera identità del protagonista e a cosa si nasconda dietro. Accanto a Martin c’è la delicatezza bionda di Diane Kruger, già vista in Bastardi senza gloria, forte e decisa nelle azioni e negli inseguimenti; il famoso Frank Langella, incredibile nella sua ambiguità e Jurgen, interpretato da Bruno Ganz, un ex nazista che aiuterà Martin a sciogliere l’intricata matassa. 
3/5
Frase cult:  "Non ho dimenticato tutto. Mi ricordo come ammazzarti, stronzo!"
Pubblicato su: Cinema4stelle

sabato 26 febbraio 2011

Shelter - Identità paranormali

di Måns Mårlind, Björn Stein, con Julianne Moore, Jonathan Rhys-Meyers, Frances Conroy, Brooklynn Proulx, Usa, 2010, uscita 25 febbraio 2010.



Cara Harding (Julianne Moore) è una valida psichiatra forense. Spinta dal padre, anch’egli medico, inizierà ad occuparsi di David (Jonathan Rhys Meyers), un uomo affetto da personalità multipla. Presto, però, scoprirà che tutte le identità dell’uomo sono vittime di efferati omicidi. La psichiatra, convinta che il disturbo da personalità multipla non esiste, ma che sia solo suggestione, inizierà ad indagare e a ricercare la verità fino in fondo, mettendo a rischio la sua stessa famiglia. Dovrà così ricredersi circa la sua opinione iniziale e si imbatterà in un mondo di mistero, di occulto, dove la fede in Dio può essere la salvezza, ma anche la distruzione della vita umana.
Uno psicho-thriller costruito nel più classico dei modi, con una partenza più lenta fino ad arrivare a un vivo crescendo emotivo, senza, però, mai stupire eccessivamente. Una pellicola capace di intrattenere il pubblico, suscitando curiosità ed interesse, nel tentativo di svelare e sciogliere i vari fili narrativi che si intrecciano e che creano una debole suspance. Jonathan Rhys Meyers è all’inizio convincente nei panni del disturbato David, il quale si muove e vive attraverso numerose personalità, ma quando la trama si infittisce ed inizia il ‘rompicapo’, sembra non essere più concentrato, non riesce a suscitare terrore né inquietudine. Eppure qui doveva uscire fuori la sua interpretazione. Julianne Moore, sicuramente più efficace, sembra anche lei, sul finire, lontana dall’essere profonda, né si riesce a percepire la tragedia di quello che accade.
Una trama sicuramente buona, soprattutto nell’ultima mezz’ora, quando il mistero inizia a dipanarsi e si allontana dalla sfera scientifica e dunque razionale per imbattersi nell’Ignoto. L’impianto narrativo regge, ma manca quel qualcosa di nuovo e particolarmente celato che renda il film veramente intenso, come l’ultima scena, di certo la più arguta, che regala un momento innovativo e di stupore che ne vale tutta la pellicola.

2,5/5
Pubblicato su: Cinema4stelle



giovedì 24 febbraio 2011

Prima foto di The Burial

E mentre noi aspettiamo che esca Tree of life - L'albero della vita, del grande e misterioso Terrence Malick, la cui data prevista è per il 16 maggio, anticipato da uno dei trailer più belli mai visti prima




ecco che esce la prima foto del sesto film di Malick The Burial, inutile dire che anche questa foto è divina. Pare che Malick sia impegnato da qualche mese nelle riprese di questo film, che tratterebbe di un potente dramma sentimentale. Le riprese si stanno svolgendo in Oklahoma. Nel cast figurano volti noti dello star-system holliwoodiano: Ben Affleck (che ha sostituito Christian Bale), Rachel McAdams, Rachel Weisz, Javier Bardem, Olga Kurylenko, Barry Pepper. We can't wait!!

martedì 22 febbraio 2011

The Fighter

di David O. Russell, con Mark Wahlberg, Christian Bale, Amy Adams, Melissa Leo, Jack McGee, Usa, 2010, uscita prevista il 4 marzo 2011.

The Fighter è un bel film. Uno di quelli che guardi e gusti per tutte le due ore, appassionandoti senza annoiarti. Racconta la storia vera di due pugili, fratellastri, delle loro vite, così diverse, ma unite nello stesso tempo. Racconta di come Dicky (uno strepitoso Christian Bale), dopo aver vinto un'importante incontro con Sugar Ray Leonard, diviene un idolo nella cittadina in cui vive: Lowell, ma utilizzerà male questa vittoria e pian pianino finirà nel baratro della droga e con essa tutta la sua vita.
Micky appare come un tipo più riflessivo, che vive un po' all'ombra dell'eccentrico e smilzo Dicky, ma che come il fratello ama il pugilato. Dopo varie ed umilianti sconfitte decide di uscire di scena, soffocato anche da una famiglia matriarcale che lo segue continuamente e ostacola qualsiasi tipo di decisione personale. Tuttavia non abbandona e dopo qualche tempo ritorna ad allenarsi ed iniziano le prime gare che lo porteranno infine a divenire campione mondiale dei pesi leggeri.
La contrapposizione tra i due fratelli è netta e si percepisce costantemente, così come l'unione e l'affetto che essi sentono. E' un film costruito tutto su questo legame. E se Dicky appare come quello talentuoso che butta tutto all'aria a causa del suo carattere e di uno stile di vita dissoluto, Micky è quello che con fatica e sudore affronta le difficoltà e solo grazie a tanta forza di volontà riesce ad arrivare. Due facce della stessa medaglia. Entrambi padri di due bambini, ma mentre Dicky affronta la paternità con superficialità, Micky è un padre affettuoso che soffre l'assenza di sua figlia, la quale vive con la madre. Importante nella sua scalata al successo è la vicinanza di una donna Charlene (Amy Adams) che rappresenta la parte più razionale e più positiva della sua vita in quella che è una famiglia di 'matti'. Ciò che colpisce è proprio la famiglia numerosissima di Dicky e Micky, con a capo la madre Alice, una donna forte e priva di qualsiasi senso della misura. Non esiste nessuna forma di rispetto o privacy verso l'altro e chi ne soffre di più è Micky, il quale sentirà il bisogno di ribellarsi e di fuoriuscirne, anche grazie a Charlotte, mentre Dicky, ormai, ne è fermamente conformato e ragiona con le stesse logiche materne.
Nonostante tutto ciò e nonostante la brillante performance di Bale, che pur non essendo il protagonista principale, è comunque colui che tiene in piedi tutto l'apparato stilistico, il film non mi è arrivato completamente. La sensazione è quella che si poteva fare di più, scavare di più. E' come se tutto mi rimanesse in superficie. Non è un cattivo film, anzi, ma rimane ad un livello esterno ed è come se mancasse qualcosa. Perché comunque gli ingredienti ci sono tutti, ma forse manca quell'elemento che fa gridare al capolavoro. Insomma non mi esaltato a tal punto da pensarci per giorni. E' un bel film, godibilissimo. Punto. Non è come Black Swan, che me lo sogno la notte. Mark Walberg, invece, non posso dire che non mi sia piaciuto, perché comunque mi è arrivato ogni suo pensiero e sensazione, ma non mi ha colpito molto. Sembrava più un bravo attore che fa bene il suo lavoro, ma che non ci mette molto di suo. Leggermente privo di enfasi. Bale deve vincere la statuetta come 'miglior attore non protagonista', per il resto credo che ci siano film che meritino maggiormente di vincere l'Oscar (e non di certo 'Il discorso del re')!!
Head, body, head, body.

3,5/5


sabato 12 febbraio 2011

Se non ora quando?



"..ho conosciuto donne impegnate a sciogliere i nodi di questa difficile vita, divertite di fronte all'ottusità di coloro che credono di essere i migliori, arrabbiate di fronte alle eterne ingiustizie verso i più deboli, commosse nel vedere giocare i loro bambini, pronte in ogni momento a sostenere i loro uomini...mi sbaglio non ho conosciuto donne ma il nostro futuro.." Dal libro Kin di un anonimo poeta armeno.


domenica 6 febbraio 2011

Perché fare un film su Dylan Dog????!!!!



Dylan Dog per me è uno di quegli amori ormai assodati. Come quelle coppie che col tempo imparano ad amarsi, lentamente e non senza difficoltà. Amato, poi odiato, ora è definitivamente una storia completa che mi coinvolge totalmente. Forse anche grazie alle tante liti. Iniziato a leggere tanti anni fa, un po' per curiosità, un po' perché ero alla ricerca di fumetti, l'ho amato pian pianino. Non da subito mi ha convinto. Lo trovavo troppo lontano dalla realtà e il genere dark non mi piaceva. Crescendo, ed evolvendosi anche i gusti e le preferenze, l'ho ripreso in mano, per amarlo per sempre. So che il periodo più fiorente è stato proprio l'inizio, quando al timone c'era Tiziano Sclavi, sceneggiatore e 'papà' di DyD, ma all'epoca non lo conoscevo e sto cercando ora di recuperare gli arretrati. (A proposito molto interessante è anche il suo cammino di scrittore. Da un suo libro Non è successo niente, è stato anche tratto il film DellaMorte Dellamore, che riprende molte tematiche del fumetto, oltre che molte frasi e battute, ma non è un film su Dylan Dog. Regia di Michele Soave, con Rupert Everet - unica cosa decente da vedere - ed una RIPROVEVOLE Anna Falchi, indegna 'attrice' dei giorni nostri. Un film grottesco e dark, ma non molto considerevole). Sclavi ha avuto un percorso particolare, che l'ha infine portato a lasciare Dylan Dog, anche se ogni tanto esce fuori un suo albo per la felicità di tutti i fans. Citando una frase del disegnatore Giampiero Casertano: "Tiziano è un bambino triste che, crescendo, ha scoperto la sua genialità e l'ha data in pasto agli altri".
Ora, quando ho saputo dell'idea di fare un fil su Dylan Dog, un fumetto che ha all'attivo 293 albi, più varie ristampe, almanacchi e via dicendo, ho avuto due reazioni contrastanti. La prima di entusiasmo, perché quando si parla di un film che tratta un tema particolare o è un genere che a me piace, mi esalto immediatamente; l'altra di dubbio e paura, perché portare sullo schermo un fumetto non è mai facile, in più DyD è come se avesse intorno a sé un'aura diversa e mistica.
I fumettari più incalliti storciano il naso e temono uno 'sputtanamento' ingiusto verso il loro amato. E temo che avranno ragione.
DyD vive di vita sua e una della sua forza è la carta, la matita, il nero, l'ombra e la luce. Come solo un fumetto può e sa fare. Dylan Dog è un personaggio completo intorno al quale ruota un'intera esistenza. Basta leggere la pagina su wikipedia per capire che Dylan ha ormai preso vita, come per magia.
Quindi, nonostante cerco di non avere mai pregiudizi, ho paura che partirò malissimo, ma pronta a ricredermi se il film meriterà. Ma il trailer non aiuta. Poi guardi Brandon Routh (visto anche in Scott Pilgrim vs The World) e pensi "Ma quello non è Dylan!!", come se Dylan esistesse davvero e non potrebbe essere interpretato che da se stesso. Questo accade quando un personaggio ti entra così dentro che diviene quasi un'amico. E' una sensazione che comprende solo chi legge dei fumetti. Capisco, quindi, il disprezzo e la condanna degli affezionatissimi, che si sentono un po' violati nell'intimo. Ed anche io un po' mi ci sento, Giuda Ballerino!

Altra genialità è stata Groucho Marx, l'assistente di Dylan. Il personaggio, del quale neanche Dylan conosce il vero nome, è sosia del comico Groucho Marx (motivo per cui Dylan sceglie di chiamarlo proprio Groucho, dal loro secondo incontro), dal quale prende numerosissime battute. Sebbene spesso trattato male da Dylan (molte volte minaccia di licenziarlo) ha per lui un affetto sconfinato e in fondo lo considera come una sorta di fratello.













venerdì 4 febbraio 2011

Winter's Bone (Un gelido inverno)

di Debra Granik. Con Jennifer Lawrence, John Hawkes, Kevin Breznahan, Dale Dickey, Usa, 2010, uscita italiana 18 febbraio 2011.


Missouri. In mezzo alle montagne vive Ree Dolly, una ragazzina di 17 anni costretta a prendersi cura della sua famiglia. Della madre, malata di mente e di una fratello e una sorellina più piccoli. Il padre, noto fabbricatore di anfetamine, pare scomparso e se non si presenterà in tribunale, Ree  e i suoi fratelli perderanno anche la casa. Ree così andrà alla ricerca del padre, probabilmente morte in qualche dove, nel disperato tentativo di non perdere la casa.
Siamo lontani dall'idea di una America glamour e ricca, ma siamo dinanzi ad un film che esprime tutto il disagio e l'isolamento di una zona rurale e chiusa tra le montagne. (Vengono in mente le atmosfere di Twin Peaks).
Ree non va a a scuola, né tantomeno fa ciò che farebbe qualsiasi ragazza nel pieno della sua adolescenza in un posto ricco dell'America. Si occupa dei fratelli, della casa manifestando protezione e dolcezza. Una dolcezza, però, celata da una profonda rabbia verso un ordine di cose ingiusto che, però, affronta con una dignità enorme. Mai un cedimento, mai una paura, ma sempre grinta e forza.
Un film intenso e particolare, come la sua fotografia e i suoi colori, tipici del luogo e bellissimi da vedere. Ree ha paura, ma non lo dimostra, piange in silenzio e parla attraverso i suoi sguardi.  Proprio per questo ne viene fuori un'ottima interpretazione, della giovane Jennifer Laurence, giustamente candidata all'Oscar come miglior attrice protagonista, e qualora vincesse, non mi dispiacerebbe affatto. E' brava, è acuta, parla nei suoi silenzi.
Un film, in cui è riservato un ruolo particolare alla donna. Abbiamo dinanzi una società matriarcale, dove le donne sono le 'custodi' della casa, dove le donne picchiano, difendono il proprio uomo, difendono un' unione, prendono decisioni. Il ruolo dell'uomo è più marginale, eccetto per John Hawkes (Già visto in Lost), zio di Ree, il quale avrà un ruolo più importante.
Ree non odia il padre, come umanamente dovrebbe essere, ma soffre una situazione, che cercherà con tutte le forze di risolvere, rinunciando a se stessa.
Winter's Bone, candidato anche agli Oscar come miglior film, merita d'essere visto, nel senso più completo del termine, perché t' entra dentro.

5/5




























mercoledì 2 febbraio 2011

Never let me go

di Mark Romanek, con Keira Knightley, Carey Mulligan, Andrew Garfield, Usa Gran Bretagna, 2010. 



Un film elegante, raffinato, triste e delicato. Il messaggio che c'è dietro è profondo e assolutamente da interpretare. Bravissimi gli attori, meravigliosa fotografia. Ben fatto, con colori naturali ed atmosfere dolci e malinconiche. Esco. Vado a comprare il libro, da cui è tratta la storia: Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro















Quanto è brava Carey Mulligan? E soprattutto, quanto mi piace? Già amata in An education, ora rienta direttamente tra le mie preferite!








Pare che il nome di questa cantante sia invenzione dello scrittore. Il titolo del romanzo deriva da una canzone su una audiocassetta americana chiamata Songs After Dark della cantante di fantasia Judy Bridgewater.

5/5

"Forse nessuno ha davvero compreso la propria vita, né sente di aver vissuto abbastanza".

martedì 1 febbraio 2011

Misfits



Misfits è una serie televisiva inglese di genere dark humor. Politicamente scorretta, da vedere rigorosamente in inglese perché altrimenti perderebbe metà del suo fascino. Il linguaggio, quello sporco di strada, rende il tutto ancora più black e cool. Ho visto entrambe le stagioni in quattro giorni, causa studio, perché se non avessi avuto nulla da fare, l'avrei visto in un giorno. Fantastico, eccezionale, è entrato nella mia classifica personale dei cult. Aspetto con ansia le terza stagione e ascolto continuamente la soundtrack. 
Misfits racconta la storia di cinque 'disadattati', che, in seguito ad una tempesta, acquisiscono dei super poteri. Lontani dall'essere dei super eroi, utilizzeranno nei modi più strambi le nuove capacità. Insomma piccoli criminali alla riscossa. I personaggi sono delle vere macchiette, particolari e volgarissimi. A spiccare è chiaramente Nathan (uno dei miei preferiti, in assoluto, non solo di questa serie): scurrile, maschilista, burbero, ma troppo simpatico con la sua irriverenza e superficialità. Direi adorabile. Kelly è una forte, tosta, con una parlataaaaa (non è un errore XD) strana e simpaticissima. 


Poi c'è Simon, decisamente il personaggio più complesso e rivoluzionario della serie. Aggiungerei anche il più figo, perché se nella prima stagione manco lo degnavo, nella seconda acquisirà un fascino che piacerà molto alle girls come me. Kelly, fighetta e amante del sesso, subirà anche lei un'evoluzione (positiva), tanto da entrare anche lei nelle mie grazie. Curtis è quello che mi è arrivato meno, ma comunque essenziale e decisivo. 
Tuttavia scopo del mio post è un altro. Ciò che ho anche amato di Misfits è la soundtrack e poiché ho impiegato giorni (e notti) a trovare tutte le canzoni, volevo postarle qui, qualora qualcuno fosse interessato. E allora... Enjoy the tune ^^

Track (Artist)

Stress (Justice)

Clear Island (Liars)

Out At The Pictures (Hot Chip)

Echoes (The Rapture)

Here Today, Gone Tomorrow (Gang Starr)

Heroin - Album Version (The Velvet Underground, Nico)
(Stereo)

You've Got The Love (Florence + The Machine)

Stick to Guns (The Cribs)

I'm just a Prisoner  (Candi Staton)

Get Innocuous! (LCD SoundSystem)

Lonely Soul  (UNKLE, Richard Ashcroft)

Rollin' And Tumblin (Jeff Beck)

24 Hours From Tulsa (Gene Pitney)

Something's Gotten Hold of My Heart (Marc Almond, Gene Pitney)

Franz Schubert (Kraftwerk)

Atlantis To Iterzone (Klaxons)

Europe Endless (Kraftwerk)

You're beautiful (James Blunt)

Atmosphere (Joe Division)

Girl, You'll Be a Woman Soon - live (Neil Diamond)

Attitude (Hardknox)

Krazy Krush (Ms. Dynamite)

Growing Pains - Bonus Album (La Roux)

UNtil We Bleed (Feat. Lykke Li) (Lykke Li, Kleerup)

Johnny Too Bad (Taj Mahal)

A message To You Rudy (The Specials)

Underdog (Kasabian)

Four Horsemen of 2012 (Klaxons)

Phantom pt. II (Justice)

Hometown Glory (Live at Hotel Cafe) (Adele)

In For The Kill (La Roux)

Beautiful Burnout - Extended Mix (Underworld)

(Baby) Hold Me Tight (Kitty Daisy & Lewis)

Stars (The xx)

Delicate (Damien Rice)

Primary Colours (The Horrors)

Just Dance (Lady Gaga, Colby O'Donis)

Smack My Bitch Up (Prodigy)

Low Rider  (War)

That's Amore (Dean Martin)

Pieces (Chase & Status, Plan B)

To The End (Blur) 


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...