lunedì 19 dicembre 2011

Addio alle armi - Ernest Hemingway


Addio alle armi è l'opera di un uomo immenso, che tanto ha visto e ha vissuto ed i suoi libri trasudano di esistenza. Questo libro racconta una storia d'amore durante la prima guerra mondiale, esperienza in parte autobiografica, poiché Hemingway si è ispirato alla sua esperienza sul fronte nel 1918. Lo scrittore, descrivendo pagine e pagine di scenari bellici, rese preziose dalla sua capacità di cogliere particolari come i paesaggi o le sensazioni di un dato momento, mette in evidenza la sua idea antimilitaristica e contraria alla guerra, vista come qualcosa di stupido e totalmente inutile. Frederic Henry è un americano che viene volontariamente a combattere sul fronte italiano, guidato da principi idealistici e patriottici, ma durante il conflitto conoscerà la fame, la perdita e soprattutto la morte. 
In questo scenario si consuma la passione con Catherine, donna alla quale Henry si lega profondamente e con la quale intraprenderà viaggi fisici ed interiori. 
Addio alle armi è un romanzo di guerra, ma anche d'amore: per la propria donna, per se stessi, per la vita contro una guerra che crea solo morti ammazzati. E' un romanzo sulla morte, come conseguenza della guerra e della mancanza. E' un romanzo intenso e ricco grazie al modo sublime che Hemingway ha di scrivere. Potrebbe descrivere anche una cosa inutile, lo farebbe magistralmente. 
Sfogliata l'ultima pagina di Addio alla armi ti riscopri con le lacrime agli occhi e con brividi che ti pervadono. Le ultime pagine sono umanamente forti e senti quasi la sofferenza di Henry lì con te, perché quello che gli rimane è il vuoto di un'esistenza che non regala nulla, ma che prende tutto dal ventre dei propri figli. 

"Lei capisce, ma non ama Dio."
"No."
"Proprio per niente?" chiese.
"A volte la notte ho paura di lui."
"Dovrebbe amarlo."
"Non sono molto capace di amare."
"Sì" disse. "E' capace. Quello che mi racconta delle sue notti. Quello non è amore. Quello è soltanto passione o lussuria. Quando si ama si desidera fare qualcosa. Si desidera sacrificarsi. Si desidera servire."
"Io non sono capace di amare."
"Imparerà. So che imparerà. Allora sarà felice."


"Se la gente porta tanto coraggio in questo mondo, il mondo deve ucciderla per spezzarla, così naturalmente la uccide. Il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono forti nei punti spezzati. Ma quelli che non spezza li uccide. Uccide imparzialmente i molto buoni e i molto gentili e i molto coraggiosi. Se non siete fra questi potete esser certi che ucciderà anche voi, ma non avrà una particolare premura."

venerdì 2 dicembre 2011

Tribute to Drive

Ecco come sarebbe dovuto finire Drive...


tribute to drive from tom haugomat & bruno mangyoku on Vimeo.

Music: Glass Candy - Digital Versicolor.
Sound design: Alexandre Poirier.

Beginners

di Mike Mills
con Ewan McGregor, Christopher Plummer, Mélanie Laurent, Goran Visnjic, Kai Lennox, Mary Page Keller, Cosmo, Keegan Boos
Usa
2011 

Oliver (Ewan McGregor) è un uomo di trentacinque anni che dopo la morte della madre si ritrova ad affrontare la malattia terminale del padre e la sua confessione di essere da sempre gay. Oliver, sorpreso e spaventato, cerca così di capire come il padre abbia potuto mentire tutti quegli anni, anche se adesso sembra rinascere a nuova vita. Hal, il padre, un sempre attivissimo Christopher Plummer, infatti oltre ad aver trovato un compagno da amare e coccolare, ora vive una vita di feste, amici, divertimenti e sorrisi. Sembra un uomo nuovo, anche quando scoprirà di avere un male incurabile. Oliver, nel frattempo, conosce Anna, una delicata e raffinata Mélanie Laurent, un’attrice in cerca di fortuna con la quale Oliver instaura un rapporto d’amore e di intensa vitalità.
Mike Mills firma una commedia intelligente, raffinata e molto curata, un film indipendente e poco convenzionale, che di recente ha anche vinto il premio come miglior film ai Gotham Indipendent Film Awaeds di New York, ex-aequo con Tree of Life di Terrence Malick. Il tema del rapporto tra padre e figlio è analizzato in una chiave diversa e del tutto nuova: un padre che confessa la propria omosessualità. E se l’espediente può sembrare bizzarro, non lo sarà affatto l’amore che i due si scambieranno reciprocamente. Oliver è un uomo acuto che accetta questa situazione e nonostante i ricordi materni, capisce che la felicità percorre molte strade.  Un rapporto che si completa anche grazie ad una totale sincerità che Hal concederà al figlio. Ma anche la storia di Oliver con Anna, caratterizzata da una felicità che percorrerà anch’essa altre strade e altri stadi. Un nascente amore, fatto di sguardi e panini notturni, e rapporti conflittuali da sistemare. Un film, oltre che intelligente, ironico che mordacemente analizza tematiche di vita con sagacia e simpatia. Hal è il perfetto esempio di ciò, perché nonostante una vita di menzogna adesso è in pieno possesso dei suoi sentimenti e non ha paura a rivelarli. Oliver inizia a crescere, a maturare e a prendere la vita con quella ironia necessaria a completare l’esistenza, anche grazie ad Anna e alla sua strana malinconia. E poi c’è il cane i cui pensieri sono sottotitolati e questo è una delle trovate più simpatiche degli utimi anni. Mc Gregor veramente convincente ed intenso, affascinante e tenero. Film assolutamente da recuperare, passato purtroppo, ed ingiustamente, in sordina.


****



domenica 27 novembre 2011

Happy Feet 2

di George Miller
Australia
2011


Spesso i film d'animazione riescono a trasmetterci messaggi più interessanti rispetto a tanti film in circolazione. Forse aiutati da un registro linguistico più naturale e scorrevole e da storie per lo più semplici ed efficaci, il loro modo di parlarci è unico. Ed è anche questo il caso di Happy Feet 2, seguito del ben riuscito Happy Feet, che nel 2006, oltre ad aver avuto un forte successo al botteghino, si avvalse anche dell'Oscar come miglior film d'animazione. Così George Miller ci riprova, stavolta anche col 3D, però, mentre nel primo il protagonista era Mambo, giovane pinguino poco portato per il canto, ma un vero talento nel tip tap, adesso protagonista è Erik, suo figlio. E questo, proprio come il padre prima di lui, è un tenero pinguino pieno di complessi e debolezze. Non sa ballare, né cantare, né possiede alcuna dote particolare. E' un giovane in crisi e così s'allontana da casa e incontra Sven, un pinguino particolare che sa volare. Quando Erik, ritrovato nel frattempo dal papà, rientra a casa, l'aspetta una triste sorpresa: a causa dello scioglimento dei ghiacciai, tutta la sua tribù si trova bloccata su un costone ghiacciato e se non troveranno una strada, di sicuro moriranno. Così Erik rimembrando anche le parole di Sven, grande ciarlatano e simpatico bugiardo, scorgerà dentro di sé il coraggio di agire, aiutato anche dal suo forte papà e dagli elefanti marini.
Questo è un film sulla diversità, sull'incontro di varie razze animali che per natura sono distanti, ma che riescono a trovare un punto di incontro, sia esso il bisogno o anche un semplice balletto. Erik è un tenero pinguino introverso e pauroso, ma grazie alle parole di Sven inizierà a credere a qualcosa di importante come la volontà: "Se si desidera, si vuole. Se si vuole, si ottiene" che fa venire in mente un grande classico come La gabbianella e il gatto e le sue celebri parole "Vola solo chi osa farlo!". Un cartone, dunque, decisamente incoraggiante, perché è grazie a queste parole che Erik riuscirà a convincere gli elefanti marini ad aiutarli nella difficile impresa. Grazie anche alle parole del più solido e realista papà Mambo, divenuto protettivo e apprensivo, col quale Erik riuscirà ad instaurare un rapporto migliore. L'importanza della propria convinzione, dunque, e della forza di volontà unite ad un fondamentale gioco di squadra perché "se si è tutti insieme si è sempre a casa". Un cartone semplice nei contenuti, ma anche movimentato e molto musicale, dove dietro si cela anche il tema dell'inquinamento e dell'innalzamento delle temperature che comporta conseguenze disastrose per la natura ed i suoi abitanti.

***

Pubblicato su: Cinema4stelle

domenica 13 novembre 2011

Take me home tonight

di Michael Dowse
con Topher Grace, Anna Faris, Dan Fogler, Teresa Palmer
Usa, Germania
2011


Fine anni '80. Matt (Topher Grace) si è da poco laureato al Mit, ma non sa assolutamente cosa fare della propria vita, così lavora temporaneamente in una videoteca. Continua ad avere una cotta per la ragazza più bella del liceo, Tori, quella inarrivabile e perfetta, che adesso lavora in una finanziaria. Molte cose cambieranno per lui in una notte, una notte di follie e consapevolezze insieme al suo amico Barry, simpatico cicciottello che si darà alla droga e al sesso, e a sua sorella gemella, Wendy, fidanzata con il classico idiota della scuola. Una notte in cui tutto l'ex liceo si ritrova a far baldoria, ma nella quale si tirano un po' le somme sul cammino appena percorso e su ciò che si intende ancora fare. Non sempre, però, si è sicuri di che strada prendere e, spesso, le paure e le debolezze, paralizzano in un punto fermo senza offrire opportunità.
Matt è bloccato e non sa cosa fare della propria vita, rivede Tori e in lui si riaccendono vecchie passioni. Si sa, gli anni del liceo non sono facili, se poi sei considerato un perdente è ancora peggio. Però ci si può ancora riscattare, dimostrando di essere qualcuno e soprattutto di stare facendo qualcosa di importante, anche mentendo nella notte più folle che ci sia. Le atmosfere eighties ci sono tutte, a partire dalla musica molto curata (lo stesso titolo è ripreso da una canzone di Eddy Money),  dai particolari dei vestiti e delle stranezze tipiche di quell'epoca, fino al poster di Ritorno al futuro nella videoteca. E' la storia in sé che non suscita grandi emozioni. Priva di un reg istro lessicale genuino, sembra arrancare con battute prive di spirito e di carattere. Simpatia e comicità senza grinta, piuttosto arrangiata e quasi ridicola. Lo stesso Dan Fogler, che dovrebbe essere la macchietta della pellicola, è in verità goffo ed insignificante. La storia poi è delle più classiche della commedia americana: lo sfigato di turno, da sempre innamorato della più bella della scuola, che alla fine riuscirà ad avere il suo riscatto. Tutto già visto, nulla di nuovo, solita storia, soliti risvolti, ai quali si aggiungono attori poco convincenti e storia narrata malissimo. Un film che verrà dimenticato in fretta, perché di commedie come questa ne abbiamo tante, alcune delle quali di certo migliori.

*

Pubblicata su: Cinema4stelle

12.11.2011


Giubilo tripudio e gaudio!

sabato 5 novembre 2011

Mosse vincenti (Win Win)

di Thomas McCarthy
con Paul Giamatti, Amy Ryan, Melanie Lynskey, Bobby Cannavale, Jeffrey Tambor
Usa 2011

Mike Flaherty è un piccolo e semplice avvocato del New Jersey alle prese con problemi economici. Marito di Jackie e padre di due bambine, nonché allenatore di lotta greco-romana nella scuola locale, a causa di queste difficoltà economiche decide di divenire il tutore di Leo, un anziano affetto da demenza senile, in modo da intascare l'assegno mensile che gli tocca, ma lasciando l'anziano in una casa di riposo. Le cose però cambieranno quando arriverà il nipote di Leo, Kyle, ottimo lottatore e adolescente confuso e triste a causa dei problemi che ha con la madre alcolizzata e assente. 
Mosse vincenti è una commedia fresca, leggera e intelligente. La sceneggiatura di certo non spicca per originalità, anzi è piuttosto prevedibile, tuttavia il film risulta godibile e ben fatto. Merito di un sempre convincente e ottimo Paul Giamatti, che col suo stile ed il suo portamento riesce ad ogni film ad imporre la sua impronta rassicurante e benevola. Merito di una commedia che scorre veloce, lasciando il buono che la pellicola vuole trasmettere. Mike è un uomo alle prese con la sua quotidianità, con i suoi problemi e le varie incertezze, è un padre e marito affettuoso, ma è anche un allenatore e sul campo cerca di infondere ai suoi ragazzi un senso di vittoria. La sua squadra, però, non vince mai una partita e con l'arrivo di Kyle, ragazzo silenzioso e triste, le cose in campo cambieranno. Il gioco di squadra come metafora di vita che viene riflessa sul rapporto che Kyle instaurerà con Mike e la sua famiglia. Un rapporto completo, sincero nonostante le diversità. Kyle, questo ragazzo che soffre nel suo mondo, è il centro di una pellicola veramente sorprendente, delicata nella sua forma, che probabilmente passerà inosservata, ma che una volta vista stupirà. Ricorda l'altra fresca commedia, tutta femminile, Whip it della esordiente (alla regia) Drew Barrymore. Appartengono a quel filone indipendente di film interessanti, che strappano sorrisi e anche riflessioni sul senso della vita, sulla difficoltà di crescere e sui rapporti che l’uomo instaura con gli altri. Film silenziosi che a distanza di tempo sono ancora lì, ricordati con piacere, impressi nella mente, che hanno regalato momenti piacevoli. Thomas McCarthy, regista da riscoprire, nonchè sceneggiatore del mitico Up, parla molto nei suoi film  dei rapporti umani tra esseri diversi tra loro. La diversità come mezzo, ma anche come fine del complicato mondo delle relazioni tra gli uomini, analizzando i diversi tipi che popolano il mondo. 

***

Pubblicato su: Cinema4stelle



mercoledì 19 ottobre 2011

Melancholia

di Lars von Trier
con Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Kirsten Dunst, Charlotte Rampling, Udo Kier, Stellan Skarsgård, Alexander Skarsgård, John Hurt, Brady Corbet
Danimarca, Francia
2011


Melancholia è un film esagerato. Esagerato perché alla fine ti assale un senso di spossatezza e tristezza. Esagerato perché sui titoli di coda ti senti disorientato e pieno di un film che senti ti dice qualcosa, ma non sai darne parole. E' un senso di iniziale intontimento ed incomprensione che fa luce piano piano. E' un film che mescola all'interno tante tematiche, alcune paiono restare in superficie, altre sono trattate più profondamente. Parla per immagini che sono di una imponenza e magnificenza poetica e artistica uniche. E solo attraverso le immagini che si cerca di venire a capo della vicenda laddove la vicenda non conta. E' alla fine che si farà tutto chiaro.
La piccolezza e la finitezza umana rispetto all'indicibile infinitezza della Natura, dei suoi enigmi e delle sue eterne bellezze. Una natura benigna perché da la vita, alla quale è necessario, alcune volte, fermarsi e brindare anche se la morte è dietro casa. Una natura anche maligna che gioca con la mente dell'uomo, inducendolo alla follia, e che si fa beffa delle nostre paure e dei nostri insignificanti problemi umani. L'uomo è un nano, un triste verme, che ha paura, che scappa, che decide di morire. La fragilità umana rispetto alla magnificenza di una natura divina (è forse Dio?). Dio in tutte le cose, quindi nella natura e nell'universo stesso: un panteismo spinoziano laddove dire Dio e dire Natura è la stessa cosa. E se la componente divina non c'è rimane un film sull'uomo, sulla Natura, su un bambino che rappresenta la magia. Due donne, un destino, la paura. Lars von Trier, misogino e inquieto, rappresenta queste due esistenze, una fortemente instabile che spesso non riesce neanche a camminare (a riguardo di ciò nel prologo c'è la strana immagine di lei con le radici ai piedi che le impediscono un passo normale e che la tengono salda alla Terra), si muove a fatica a mostrare un male interno ed inspiegabile di vivere. L'altra più energica, più forte, anche perché mamma, cerca di mettere ordine in tutto questo turbinio, ma anche lei è assalita da Melanchonia, un pianeta che minaccia la terra e che si fa sempre più vicino, per il quale si teme l'apocalisse mettendo in discussione tutta l'umanità sulla terra.
La musica, altra componente basica è essenziale. Forte ed irrompente è metafora dell'anima umana.
Un regista controverso e strano, che tuttavia ha raggiunto una maturità stilistica e tematica importante.
Lo dimostra con questo ultimo film, perché alla fine ti invade un senso di malinconia.

4,5/5

Una intensissima Kirsten Dunst








giovedì 13 ottobre 2011

Cassidy - L'ultimo Blues


Col numero 18 si è conclusa la miniserie targata Bonelli: Cassidy. Il mio giudizio è estremamente positivo perché è stato un viaggio interessante ed avvincente. Scritto benissimo (testi di pasquale Ruju, amato anche per l'altra sua miniserie Demian, ma conosciuto soprattutto per Tex, Dylan Dog e altri), disegnato con maestria, caratterizzato da un racconto veramente particolare. Raymond Cassidy è un noto fuorilegge, coraggioso, altruista, che per vari casi del destino si ritrova a dover fuggire dalla propria vita e a cercare riparo in ogni dove. Sempre elegante, temerario, fiero, con la sua Colt 45 non risparmierà gli arroganti, i prepotenti e coloro che lo ostacoleranno lungo il suo cammino. Un cavaliere senza vergogna, ma con un forte senso dell'onore. Il contorno è ciò che più affascina: siamo nell'America degli anni 70 (precisamente la storia inizia nella notte del 16 agosto 1977, giorno in cui muore Elvis Presley) con il suo ritmo e il suo blues. Raymond si muove con la sua Dodge Aspen nera, crivellata di colpi di pistola, sulla Route 66 al confine tra Arizona e California. Durante una minacciosa notte Cassidy incontra un cieco di colore che suona musica blues, il quale rivela che gli restano 18 mesi per mettere le cose apposto, per redimersi. Verranno fuori tutti gli aspetti del suo passato e tutte le sue ombre e dovrà fare i conti con esse. Finale prevedibile, perché più volte annunciato, ma non privo di quelle emozioni che ti tengono col fiato sospeso. 
Mi sembra ancora di sentire When The Saints Go Marching In...





domenica 2 ottobre 2011

Drive

di Nicolas Winding Refn
con Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Albert Brooks
Usa 2011

Drive è un film sorprendente. Ottima storia, nella quale vari generi si mescolano. Quello predominante potrebbe essere un noir, ma dentro vi è molto altro. Dietro efficaci inquadrature, dietro silenzi emotivamente carichi, dietro pochi dialoghi si nasconde una forza narrativa che stupisce. La storia è quella di Driver (un affascinante e convincente Ryan Gosling), autista di Los Angeles, che durante il giorno lavora come stuntman per il cinema, ma di notte guida auto per mettere in salvo rapinatori. Un uomo solo, tendenzialmente solitario, di poche parole, praticamente insondabile, ma comunque un uomo che si innamora, di Irene (Carey Mulligan), la sua dolce vicina. Irene ha un figlio e Driver si affezionerà al bimbo più di ogni cosa.  Un amore semplice, puro e pulito, senza troppe smancerie, ma anzi un amore 'non detto', mai dichiarato e mai convenzionale. Driver aiuterà il marito di Irene, da poco uscito di galera, a risolvere una situazione, che cambierà la vita di tutti. 
In Driver è contenuta tutta la filosofia dell'uomo solo dalla doppia vita, dalla doppia personalità, ma che culminerà nell'unico scopo di salvare Irene e il suo figliolo. Drive è un cavaliere oscuro, che si nasconde dietro le maschere di stuntman, nella notte, per portare giustizia. Glaciale, silenzioso, tenebroso e temerario, ma pronto ad aprirsi all'altro e a comunicare anche solo con uno sguardo.
Inquadrature perfette, tempi narrativi dilatati che diventano pura poesia attraverso immagini che sono più significative di mille parole. Musiche appropriate, che a volte fanno da contrasto a scene violenti e a stati d'animo alterni. Refn confeziona un'ottima pellicola. Un autore da tenere d'occhio, che già con Bronson aveva dimostrato di utilizzare un registro narrativo personalissimo e degno di nota.


4,5/5


“Dammi ora e luogo e ti do cinque minuti: qualunque cosa accada in quei cinque minuti sono con te, ma ti avverto, qualunque cosa accada un minuto dopo sei da solo. Io guido e basta!”

lunedì 26 settembre 2011

Sergio Bonelli, 1932-2011

Addio Sergio e grazie per le mille avventure che mi hai regalato!

E la morte, la morte, dolcissima e amara,
la morte che cerchi nella notte chiara,
che cerchi per dirle quanto l'ami ancora,
che eri andato via ma di nuovo sei qui ora,
perché non puoi stare lontano da lei,
e le dici piangendo: per te morirei,
e che sei il suo schiavo, e che lei è sovrana,
la morte, la morte, la morte puttana. 

Tiziano Sclavi (Totentanz 1)

martedì 20 settembre 2011

Il Debito

di John Madden
con Helen Mirren, Ciarán Hinds, Jessica Chastain, Marton Csokas, Sam Worthington, Tom Wilkinson
Usa
2011


Rachel, David e Stephan sono tre giovani agenti del Mossad, servizio segreto dello Stato di Israele, incaricati di catturare un feroce criminale nazista Vogel, conosciuto anche come ‘il chirurgo di Birkenau’ e di portarlo in Israele per sottoporlo a giusto processo. Durante la prigionia qualcosa va storto e i tre si ritroveranno a conservare per trent’anni un segreto che peserà sulla coscienza. Ammetteranno di aver ucciso Vogel durante un suo tentativo di fuga per non deludere le aspettative di un popolo desideroso di giustizia. La verità però è un’altra, Vogel infatti non è morto e il peso della bugia col tempo diverrà sempre più pesante sia verso se stessi che verso il popolo d’Israele.


Remake di un film israeliano del 2007, HaHov, il film di John Madden si presenta come un buon thriller, facilmente accostabile allo splendido Munich di Spielberg, ma di questo non ha né lo stile né il temperamento. Infatti Il debito sembra un film che sebbene abbia tutti gli elementi per essere un film di ottima qualità, rimane in superficie senza mai entrare nell’animo dei protagonisti. Questi ultimi impeccabili, sono forse l’unico punto forte della pellicola. Attori in ottima forma e con buone interpretazioni. Ma non basta. Il film si alterna tra due vicende temporali: nella prima siamo nel 1966 nella Berlino Est e vengono narrate le vicende del gruppo e dei loro piani per la cattura del nazista. La seconda racconta le vite dei tre dopo trent’anni. La paura che la verità venga fuori, il senso di colpa di Rachel e soprattutto di David per una bugia portata dentro per troppi anni. Una bugia che ha regalato ai tre onore e gloria, in modo del tutto immeritato. Dopo trent’anni di vita si tirano le somme. 
L’uomo fa una riflessione su ciò che ha compiuto ed ha fatto e si capisce così di avere sbagliato. Anche nella vita privata Rachel ha sempre vissuto una bugia. Ha scelto un uomo,  Stephan, che non ha mai amato rinunciando all’amore vero, quello con David. Ecco quindi che anche la componente amorosa non manca, ma il film comunque non decolla. Solo il finale regala qualcosa di buono, ma sembra che proprio dal finale si sarebbe dovuti partire per sviluppare un thriller più enigmatico. 


2,5/5

Pubblicata su: Cinema4stelle



venerdì 9 settembre 2011

Il vento che accarezza l'erba

di Ken Loach
con Cillian Murphy, Padraic Delaney, Liam Cunningham
Irlanda 2006
Titolo originale: The Wind That Shakes the Barley



Irlanda 1920. Imperversa la guerra d'indipendenza irlandese. Contadini ed operai si ritrovano a fronteggiare le numerose violenze e i molti attacchi dell'esercito britannico. Damien, giovane medico, decide di rinunciare al suo sogno per rimanere a difendere la sua patria, l'Irlanda, insieme ai suoi compagni e al fratello Teddy. Dopo la fine della guerra d'indipendenza, inizierà però quella civile che porterà lo stesso gruppo di rivoltosi a scontrarsi tra di loro, fratello contro fratello. 
Loach racconta la guerra, ma soprattutto le follie che questa comporta. Uomini forti che difendono le proprie idee fino allo stremo, fino alla morte. Le idee per le quali vale la pena lottare e anche morire, nonostante la vita, l'amore, l'amicizia. La lealtà è la vera protagonista di questa pellicola. Il coraggio che molti 'guerrieri' avranno sempre, anche davanti alla paura, alla morte, alla malattia, alle umiliazioni. 
Damien decide di restare, di combattere, di non lasciarsi sopraffare. Damien rappresenta l'Idea, la lealtà e la perseveranza. E' l'Idea che decide di morire per non morire mai. E poi la guerra, così lontana, ma così attuale che subentra laddove manca il dialogo. Il linguaggio che viene sostituito dalle armi, dalla violenza e dal  terrore che si respira nelle strade e nelle case e nei cuori.
"E' facile sapere contro cosa ti batti, ma più difficile è sapere per cosa ti batti".

3/5

Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono niente, o non vale niente lui. 
Ezra Pound



Le guerre si somigliano un po' tutte, per questo mi è venuta in mente questa canzone. 



lunedì 5 settembre 2011

Bad Teacher


di Jake Kasdan, con Cameron Diaz, Justin Timberlake, Lucy Punch, Jason Segel, Usa, 2011


Elizabeth Halsey è un'insegnante eccentrica, scandalosa e per nulla ligia al proprio dovere. Insegna per forza di cose e il suo obiettivo primario è sposare un uomo molto ricco capace di mantenerla. Quando quest'obiettivo svanisce perché mollata dal suo miliardario fidanzato, capisce che deve immediatamente trovarne un altro e altrettanto ricco. Per riuscire nell'intento crede che sia necessario cambiare qualcosa in lei: rifarsi il seno. Per questo continuerà a fare l'insegnante senza nessuna vocazione particolare. Rifila quotidianamente ai suoi alunni, dei quali non conosce neanche i nomi, film più o meno didattici, mentre lei tenta di riprendersi dopo nottate consumate dall'alcool o dopo aver fumato marijuana. Sempre provocante e ammiccante, sempre su vertiginosi tacchi e attillati jeans riesce di continuo a farla franca dalle accuse che una collega precisa e responsabile, Amy, le muove. Quando nella sua scuola arriverà un nuovo professore, un goffo e ricco ereditiere (Justin Timberlake, per la prima volta nei panni di un nerd casto e ingenuo) Elizabeth si lancia alla sua conquista, ma dovrà fare i conti con la rivale Amy. Nonostante ciò Elizabeth ci è simpatica, nonostante la sua assenza di sensibilità e il suo esasperato materialismo ne viene fuori una macchietta ironica e sagace. Elizabeth è vivace, indisciplinata, volgare, superficiale ed egoista, ma alla fine si fa il tifo per lei. Se ci si aspetta una redenzione che la trasformi in una good teacher, si rimane delusi, ma la vera forza del film è proprio questa. Il cinismo di Elizabeth persiste, anzi si rafforza e lei rimarrà la spocchiosa e vuota insegnante di prima. Non un film sulle buone intenzioni o sui cambiamenti dell'animo umano, nonostante il dolce professore di ginnastica (Jason Segel) tenti attraverso le sue avance e le sue battute a doppio senso di farle capire cosa veramente conti. 
Cameron Diaz è ideale nella sua 
parte di svampita e irrecuperabile professoressa. Bellissima e accattivante, riesce a dar vita al suo personaggio grazie anche ad un linguaggio osceno e comico insieme. Una commedia leggera, divertente e bizzarra per l'eccesso della protagonista sempre sopra le righe che nonostante i suoi strani modi riesce ad uscire vittoriosa da tutto. Nessun messaggio interiore, dunque, o metafora importante solo un film da gustare senza alcuna pretesa o presunzione.

2,5/5

Pubblicato su: Cinema4stelle

giovedì 25 agosto 2011

Lanterna Verde

di Martin Campbell, con Ryan Reynolds, Blake Lively, Peter Sarsgaard, Tim Robbins, Usa, 2011.




In un universo oscuro e misterioso, i Green Lantern Corps da secoli proteggono lo spazio, trasmettendo pace e giustizia attraverso la forza verde della Volontà. Ora un nuovo nemico minaccia di distruggere questo equilibrio tenuto insieme con tanto fervore. E’ Parallax, il quale si nutre della Paura, nemico numero uno dei Green Lantern Corps. Per affrontarlo viene reclutato per la prima volta un essere umano: Hal Jordan (Ryan Reynolds, che si trasforma in un fumetto per la terza volta). Hal è un talentuoso pilota, sicuro di sé e arrogante, al quale verrà affidato uno degli anelli verdi attraverso il quale potrà fronteggiare il nemico. L’anello si nutre d’energia da una lanterna e viene usato attraverso la Volontà, ma il suo unico limite è l’immaginazione umana.

Tratto da un fumetto della DC Comics, Lanterna Verde è sicuramente uno dei supereroi meno conosciuti nel panorama cinematografico, ma non per questo meno amato. Gli elementi per una storia fantascientifica ci sono tutti: il Bene e il Male in conflitto, un supereroe con alle spalle un ricordo difficile da dimenticare, pronto a combattere e a mettere a rischio la propria vita, il cattivo con sembianze mostruose, una donna, Carol(la sempre bella e lanciatissima Blake Lively), e il loro amore incerto e tormentato, uno scontro finale che decreterà la vittoria di una delle due forze. Da un punto di vista narrativo, quindi, non vi è nulla di diverso, ma molti sono i richiami ad altri film.

 Le tematiche affrontate spingono a domande filosofiche, come l’eterna lotta tra bene e male, nel caso specifico il conflitto tra Volontà e Paura e di come quest’ultima spinga l’uomo ad arrendersi senza neanche fare un tentativo. La paura paralizzante che svuota l’individuo della propria libertà. ‘Almeno morirò combattendo’ dirà Hal nello sforzo di convincere un guardiano a lasciarlo combattere contro Parallax. Forse anche la paura che si è impossessata dell’America dopo la tragedia dell’11 settembre ed implicito un invito a rialzarsi e far valere le proprie volontà. Pieno ovviamente di effetti speciali, Lanterna Verde mette in risalto l’elemento che nessun guardiano ha mai avuto: l’umanità, dapprima vista come un limite, dopo come il principio necessario per poter affrontare i propri timori.

2,5/5

Pubblicato su: Cinema4stelle

domenica 21 agosto 2011

Horror Movie

di Bo Zenga, con Steve Howey, Diora Baird, Kenan Thompson, Leslie Nielsen, Usa, 2011


Stan lavora in una videoteca e la notte di Halloween deve fare la sua ultima consegna prima di recarsi ad una festa assieme al suo migliore amico Teddy, un simpatico ciccione travestito da superman, la sua ex Nadine e la stralunata Mia, una pin-up senza cervello.  Si ritrova così in una desolata e terrificante cittadina della California, dove ne succederanno di tutti i colori e dove dovrà affrontare i sei più pericolosi e famosi serial killer che il cinema horror  ha presentato negli ultimi anni: Freddy Krueger di Nightmare, Jason Voorhees di Venerdì 13, Michael Myers di Halloween, Chucky di La bambola assassina, Leatherface di Non aprite quella porta e Pinhead di Hellraiser.
Bo Zenga esordisce alla regia con questa parodia sui maggiori film Horror del cinema moderno, dopo aver lavorato alla sceneggiatura del fortunato Scary Movie. E di quest’ultimo Horror Movie è figlio (come lo stesso titolo riecheggia) e ne riprende i toni e  la divertente caricatura attraverso scene esasperate e battute esilaranti (o quasi) e con doppi sensi.  Un film che si lascia guardare, che a tratti può anche divertire, ma che si lascia anche dimenticare in fretta, troppo in fretta. Se con Scary Movie si parlava di novità stilistica attraverso la messa in ridicolo di altri film del genere, Horror Movie appare qualcosa di già visto e non spicca quindi per originalità né per arguzia. Una comicità, quindi, contenuta, appena accennata senza nessun momento geniale e priva di qualsiasi trovata particolare. L’unica presenza degna di nota è quella di Leslie Nielsen, alle prese con uno dei suoi ultimi film. E come sempre non sbaglia e ne viene fuori l’unica macchietta interessante e curiosa in un film che non ha molti elementi per essere ricordato. I quattro attori protagonisti scimmiottano più che recitare e anche se siamo dinanzi ad una parodia, o almeno così dovrebbe essere, sarebbe stato necessario un pizzico in più di intensità. Perché i ruoli comici, forse, sono quelli più difficili da affrontare.  Horror Movie, insomma, scorre velocemente perché privo di una vera e propria trama, dove di horror e di comico non vi è nulla. 

1/5

Pubblicato su: Cinema4stelle

martedì 16 agosto 2011

Le notti di Salem - Stephen King


Ci sono autori che col tempo hanno dimostrato di avere una efficacia non comune nel descrivere il mondo e tutto ciò che vi ruota attorno. Autori che con dovizia di particolari ti catapultano per lunghe e infinite pagine nel luogo che loro hanno scelto per te, che con immagini descrittive e limpide ti raccontano di uomini, di sentimenti, di luoghi, di odori. Ti raccontano la Paura, te la fanno assaporare a piccole dosi, senza mai invaderti o risultare inopportuni con colpi di scena, alle volte fuori tempo e fuori luogo. Perché i sentimenti umani, anche quelli più forti, vanno raccontati con finezza e ricercatezza di linguaggio.
Stephen King è uno che quando scrive ti dà l'impressione di non mettere mai una parola a caso, ma di analizzarne una per una, di descrivere qualcosa quasi sussurrandola, mai alzando la voce o cercando di colpirti. Al buio, con luce soffusa, in silenzio narra del Male e del Mondo, racchiuso in questa cittadina del New England, Jerusalem's Lot, dove la Luce e l'Oscurità entreranno in conflitto. Un villaggio che nasconde il Buio più profondo, racchiuso nella Casa Marsten, che spicca sul promontorio, nella quale sono racchiusi paure e tensioni dell'Uomo. Un viaggio scorrevole, mai eccessivo, fatto di personaggi coi quali si familiarizza subito. Uno straordinario scrittore che già nel 1975 sapeva cosa voleva dire e soprattutto come voleva dirlo.
Il Male, rappresentato dai vampiri, la sua origine, il suo svilupparsi, ma anche il Bene, racchiuso in personaggi "positivi" che dentro di essi coltivano terrore ed infanzie infelici. In un'atmosfera cupa, un filo invisibile di paura accompagna il lettore, sempre teso e con lo sguardo attento su ciò che sta per accadere, senza mai scivolare in un eccesso di horror. L'immagine che scorre nella mente è quella di un villaggio triste, oscuro, melanconico, con grandi viali e molto mistero, come certe foto in bianco e nero. Ma è dentro le case che si consuma l'incubo che porterà Jerusalem's Lot a morire per sempre.

3,5/5

Uscito nel 1975.

martedì 19 luglio 2011

Game of Thrones

L'HBO ha recentemente sfornato l'ultima, meravigliosa serie tv dell'anno: Game of Thrones. Iniziata per pura curiosità, con molto scetticismo data la mia scarsa predilezione verso il fantasy (fino ad ora!), è entrata di diritto nella mia personale classifica di miglior serie tv mai vista. 10 puntate, una più intensa dell'altra, trame contorte, storie sordide, segreti inconfessabili, paura, violenza, gloria, potere, sesso, amicizia, famiglia, guerra, tradimenti, tutto perfettamente mescolato e portato sullo schermo con molta maestria. Certo che difficile non deve neanche essere stato visto che George R. R. Martin ha già fatto tutto. Infatti Game of Thrones è la trasposizione della sua saga fantasy Le cronache del ghiaccio e del fuoco. Questa prima stagione è basata sul primo romanzo della saga A game of thrones, in Italia diviso in Il trono di spade e Il grande inverno. Leggendo il primo mi sono resa conto che Martin ha già scritto e detto tutto, con una ricercatezza del dettaglio e una meticolosità linguistica veramente sorprendente. Devo anche dire che la serie tv, nonostante la grandiosità dell'opera scritta, non perde nulla del libro, anzi ne è ciecamente fedele e non è da meno. Infatti se ci si aspettava di restare delusi vedendone la trasposizione filmica, così non è stato! I personaggi sono perfettamente rappresentati e la storia è delle più avvincenti. I libri scritti sono già tantissimi e neanche tutti usciti. Una storia enorme e lunghissima, con all'interno una serie infinita di personaggi. Per il momento sto aspettando il fattorino che mi recapiterà un pacco con all'interno i tre libri successivi a Il trono di spade: non vedo l'ora!!! E aspettiamo con ansia la seconda stagione, già prevista per il prossimo anno. E tenetevi tutti pronti perché 'the winter is coming'!

5/5

Frase cult: "Quando i morti vengono a camminare nel buio, credi davvero che abbia importanza chi siede sul Trono di Spade?"





giovedì 7 luglio 2011

Ancora tu!

di Andy Fickman, con Odette Annable, Kristen Bell, Jamie Lee Curtis, Usa, 2010.


Marni, trascorsi i tremendi e tristi anni del liceo, diviene in età adulta una affascinante donna di successo. Per il matrimonio del fratello, Marni, ritorna alla casa paterna e scopre che William, il fratello, sta per sposare la ragazza che al liceo la torturava, Joanna. Marni così decide di far conoscere la vera natura di Joanna al fratello, e ciò comporterà alcune conseguenze. Nel frattempo la zia di Joanna, attraente e ricchissima, si scopre essere colei che al liceo tormentava la mamma di Marnie. Si riaccendono così, dopo tanti anni nuove ire, nascoste col tempo, ma ancora presenti nell’animo di ognuno di loro. Perché il liceo è una tappa così importante che a nessuno è concesso di passarla indenne.
La Walt Disney Pictures presenta Ancora tu! una commedia fresca e divertente ideale per questo inizio estate. Gli elementi ci sono tutti: il liceo, belle ragazze, qualche battuta esilarante, capitomboli e sentimenti e il cast è di tutto rispetto: Kristen Bell (la famosissima Veronica Mars), Jamie Lee Curtis, Sigourney Weaver, la sempre più presente Odette Yustman, Victor Garber.

Nella trama, però, non vi è nulla di nuovo e gli elementi mescolati tra loro risulteranno ‘già visti’, lo stile spazia dal divertente, con qualche punta buona, e battute poco curate. Se poi la prima parte è più scorrevole e piacevole, l’ultima finisce sul melodrammatico e perde brio. La guerra aperta tra Marni e Joanna e, dall’altro lato, tra la zia di Joanna e la mamma di Marni sta a significare che le umiliazioni subite durante l’adolescenza sono difficili da smaltire, nonostante il tempo trascorso e i successi raggiunti. Come ogni commedia che si rispetti, però, sono sempre i buoni sentimenti a prevalere, perché ciò che infine conta è ‘come si reagisce a ciò che ci accade’. Un film leggero e spensierato, senza nessuna pretesa di impartire alcuna lezione importante, ma da gustare nella sua totale insignificanza.



2/5

Pubblicato su: Cinema4stelle

sabato 2 luglio 2011

Giallo/Argento

di Dario Argento, con Adrien Brody, Emmanuelle Seigner, Elsa Pataky, Robert Miano, Usa, 2009.
Già la locandina dice tutta la schifezza contenuta
Torino. L'ispettore Enzo Avolfi (Adrien Brody), uomo dal passato oscuro e segnato da un tragico accaduto, indaga su di un serial killer sadico e pericoloso. Quando la bella modella Celine scompare, la sorella Linda (Emmanuelle Seigner) si rivolge ad Avolfi, il quale capisce subito di essere dinanzi all'ennesima vittima del killer. I due iniziano così a muoversi insieme nel tentativo estremo di salvare Celine. 'Giallo', il killer, tortura, sevizia ed uccide le sue vittime, come riflesso di una infanzia vissuta nell'emarginazione e nella sofferenza.
L'ultimo film di Dario Argento fa acqua da tutte le parti. La storia è poco originale, tentenna e sembra priva di personalità. La sceneggiatura è scialba, i dialoghi senza alcuna profondità. Gli attori maldestri e poco convincenti. Se Adrien Brody, che interpreta un doppio ruolo: quello dell'ispettore e del serial-killer Flavio Volpe (grazie ad un trucco che lo rende pressoché irriconoscibile), si impegna nel tentativo –fallimentare- dell’ispettore freddo e ispessito da un tragico passato, sempre ombroso e taciturno, Emmanuelle Seigner, invece, è del tutto fuori posto e fuori luogo. Non un dialogo appropriato, né uno sguardo intenso. Non c’è intensità psicologica (nonostante la trovata delle infanzie tristi), né profondità estetica o stilistica. Dal punto di vista narrativo non c’è nulla di nuovo, né il film crea un minimo di suspance e di adrenalina. Forse l’ultima parte, più dinamica e movimentata, regala qualche attimo di ‘luce’.
La coppia più espressiva dell'anno!!! Evitatelo!
Film uscito nel 2009 negli Usa, ma poi bloccato in seguito ad un contenzioso tra Brody, Argento e la produzione americana, in Italia è uscito un anno dopo direttamente in home video. Ora nelle sale cinematografiche italiane, ma i tempi di Profondo Rosso e Suspiria sono molto lontani.

1/5

Pubblicato su: Cinema4stelle

venerdì 24 giugno 2011

When You're Strange

di Tom DiCillo, Usa 2010

Ci sono vite che scorrono tranquille in mezzo al niente. Ci sono vite vissute nell'indifferenza di spazi vuoti. E poi ci sono vite tormentate e instabile, di uomini sempre alla ricerca di qualcosa di più grande. Una di queste è stata quella di Jim Morrison. Ed è questo ciò che ha provato a fare Tom DiCillo: raccontare l'inizio di una storia che è diventata mito, ossia la nascita e il consolidamento dei Doors.

L'estate del 1965 a Venice Beach il tastierista Ray Manzarek incontra il giovane Jim Morrison, poeta e artista sublime che riesce ad incantare Ray. I due, insieme a John Desmore e al chitarrista Robby Krieger, formeranno i Doors, nome ideato in omaggio ad un verso del poeta William Blake. Jim Morrison, figura controversa e artista multisfaccettato, è stato il cuore pulsante oltre che il leader indiscusso dei Doors, tanto che il gruppo dovette fare i conti con la sua personalità forte e debole allo stesso tempo. DiCillo ripercorre tutta la storia del gruppo californiano, grazie ad immagini di repertorio, la maggior parte delle quali inedite, ricavandone un buon e approfondito documentario. E rivisitare la storia dei Doors porta inevitabilmente a considerare l’esistenza di Jim Morrison, la cui vita influenzò tutto il cammino artistico della band. La sua infanzia, la sua adolescenza, le sue letture, la sua cultura, le sue paure, i suoi fantasmi, le sue molteplici personalità, la droga, l’alcool, oltre che il suo dolore, tutti sentimenti desumibile attraverso i suoi scritti e che sono rivisti ed analizzati dal regista in questo film documentario.  E ancora i concerti e il conseguente successo, di un gruppo che in pochi anni riuscì a vendere milioni di dischi. E poi il declino dovuto a un Morrison sempre più instabile, che cercò di vincere i propri fantasmi, ma senza fortuna. Il tutto narrato dalla calda voce di Johnny Depp, che sembra mescolarsi con le note delle canzoni dei Doors in sottofondo. Sono anni importanti quelli in cui i Doors tracciano il loro cammino. Sono gli anni ’60, in cui vivo è il cambiamento ed i giovani sono il filo conduttore di una rivoluzione in atto. Sono gli anni di importanti scoperte e di trasformazioni sociali. E i Doors hanno contribuito a questo cambiamento.

Morrison era un poeta maledetto, ucciso a soli 27 anni da quel mal di vivere che non riuscì a superare. Uno sciamano, un incantatore di folle, un poeta o semplicemente un uomo, sospeso a metà tra paradiso ed inferno, o una rockstar che è caduta e alla fine si è bruciata. “Ma una cosa è certa: è possibile bruciarsi solo se stai giocando con il fuoco”.

3,5/5
Pubblicato su: Cinema4stelle

sabato 18 giugno 2011

L'ultimo dei templari


di Dominic Sena, con Nicolas Cage, Ron Perlman, Stephen Graham, Ulrich Thomsen, Stephen Campbell Moore, Robert Sheehan, Usa, 2011.


Due templari, Behman e Felson (Cage e Perlman), sono valorosi cavalieri, nonché grandi amici, che combattono numerose battaglie in Terra Santa. Ormai stanchi di lottare per un Dio che la Chiesa strumentalizza e che porta all'uccisione di tanti innocenti tra donne e bambini, decidono di lasciare il campo di battaglia divenendo dei disertori. Durante il loro ritorno a casa trovano, però, solo morte, carestia e la peste bubbonica che miete vittime e decima interi villaggi. Catturati e accusati di tradimento, gli viene promessa la liberazione solo se affronteranno un lungo viaggio verso un luogo remoto, nel quale si trova un monastero e un libro che contiene le formule per scacciare le streghe, considerate la causa della Morte Nera. Dovranno scortare una strega (Claire Foy) ritenuta artefice delle tristi tragedie che si stanno verificando e si uniranno a loro un sacerdote, un soldato, un imbroglione che ha già affrontato lo stesso percorso e un giovane aspirante cavaliere (Robert Sheehan, il famoso Nathan di Misfits). 
Season of the witch è un fantasy medievale che ha la capacità di intrattenere e creare curiosità nello spettatore, grazie anche a qualche venatura horror e a momenti di buona tensione. 
Tremate, tremate, le streghe son tornate!!
La giovane strega che viene portata in questo monastero è realmente una strega o le paure del periodo nei confronti del soprannaturale sono così estreme a tal punto da attribuire ad una giovane donna la responsabilità di una feroce pestilenza? Nella prima ora del film il dubbio persiste, grazie a occhiate e giochi di sguardi della presunta fattucchiera e sempre nella prima parte il film si basa molto sull'ambiguità di alcuni personaggi e sulla valorosità di altri. Insomma una buona prima parte rispetto invece ad una seconda parte un tantino più forzata e nella quale si perde un po' di credibilità a causa della figura del demonio che sembra portarci direttamente su un altro genere: quello del cartoon. La storia fantasy c'è tutta e anche le atmosfere gotiche tipiche di temi come la stregoneria e le "foreste amare", ma sul finire sembra si mandi tutto all'aria, forse nel tentativo di dare troppe risposte. Da un punto di vista estetico il film è veramente convincente e anche Cage, ormai divenuto il portavoce di un certo tipo di cinema, veste bene i suoi panni, anche se viene decisamente superato dall'amico Felson, ossia Ron Perlman. Molto significativa l'amicizia dei due templari, uno dei temi più forti del film. Presente anche Christopher Lee, nei panni di un Cardinale deformato dalla peste e che cerca in tutti i modi di convincere i cavalieri a salvare il mondo dalla Grande Morte. 


Eccolo! Eccolo! Ti prego, ritorna a Misfits!!












2,5/5
Pubblicato su: Cinema4stelle

mercoledì 15 giugno 2011

X-Men: L'inizio

di Matthew Vaughn, con James McAvoy, Michael Fassbender, Jennifer Lawrence, Kevin Bacon, Rose Byrne, January Jones, Usa, 2011.

Premetto di non avere mai letto (ahimé) un fumetto di X-Men, della mitica casa editrice statunitense Marvel, né di avere mai visto gli altri film sugli X-Men, usciti nel corso degli anni. Insomma conosco qualcosina, e in modo vago, della storia. Per cui non sapevo neanche bene come accostarmi ad un film del genere. Tuttavia amando comunque il mondo comics e cercando di scoprire sempre nuovi generi (anche cinematografici) ho deciso di guardare questo film.
E' ormai risaputo che i fumetti stanno sempre di più invadendo i cinema mondiali e bisogna ammettere che portare su schermo un fumetto, che per definizione ha tempi e spazi diversi da tutte le altre forme letterarie, non è affatto facile... ma neanche impossibile. Come è stato per Scott Pilgrim versus the world, che ha fatto impazzire per la sua forma narrativa, anche X-Men: L'inizio, secondo me, è un buon film con il giusto ritmo, sempre incalzante e ritmico, ottimo anche per chi non conosce esattamente la storia. Spiega le origini del mito e di come Charles Xavier/Professor X abbia conosciuto Erik Lehnsherr/Magneto, dei loro poteri e dell'esistenza di altri come loro: i mutanti. Insieme per sconfiggere Shaw (Kevin Bacon) e poi divisi verso due strade distinte e separate. Xavier che rappresenta la ragione, la scienza, colui che col buon senso cerca di far sussistere umani e mutanti e Magneto che delinea la vendetta, la ribellione, in nome di ciò che ha vissuto, ma anche contro un'umanità pronta ad eliminare i mutanti. Da che parte stare? Siamo già tutti pronti per il seguito, per capire come si evolveranno le cose.
Il film prende forma negli anni '60, gli anni della guerra fredda e delle sempre forti tensioni tra Russia e Stati Uniti. L'epoca delle scoperte spaziali, l'era in cui viene fuori l'esistenza dei mutanti. Gli anni '60 ben figurati da Emma Frost (January Jones, la bella di Mad Men e vista anche di recente in Unknown-senza identità), che con i suoi abiti e acconciatura mi ha portato alla mente le atmosfere di Star Trek. Da segnalare anche la candidata al premio Oscar Jennifer Lawrence, tanto amata in Un gelido Inverno, qui non del tutto convincente, nel senso che non mi è piaciuta nei panni di un' avatar-mutante. Comunque sia Vaughn confeziona un film molto godibile, dopo il suo precedente e sempre gustabile Kick-Ass e se vi state chiedendo da che parte stare, io dico:
"Erik se non sbaglio."
"Preferisco...Magneto!"

3/5

lunedì 30 maggio 2011

Cirkus Columbia


di Danis Tanovic, con Miki Manojlovic, Boris Ler, Mira Furlan, Bosnia-Herzegovina, 2010. 
Jugoslavia, 1991. Dopo la caduta del comunismo Divko Buntic (Miki Manojlovic, conosciuto per i numerosi lavori con Emir Kusturica) ritorna nel proprio paese d’origine dopo vent’anni d’esilio in Germania, con una giovane ed affascinante amante, Azra, con un gatto portafortuna Bonnie e con le tasche piene di soldi. Grazie all’amicizia del sindaco sfratta dalla sua casa l’ex moglie (Mira Furlan, la Danielle Rousseau di Lost) e il giovane figlio Martin. Divko cercherà in qualche modo di riallacciare i rapporti con un figlio che non ha mai visto, nonostante i suoi modi burberi e l’apparente odio dell’ex moglie. Quando però il gatto Bonnie, una notte, scompare, tutto il mondo di Divko inizia a vacillare. Nel frattempo la guerra serbo- bosniaca è alle porte ed in una notte tante cose cambieranno. Danis Tanovic ritorna a parlare dei conflitti nei balcani (dopo il buon esordio nel 2001 con No Man’s Land) e volutamente ci racconta la storia di più personaggi in un periodo precedente alla guerra. E lo fa attraverso un racconto familiare, ma senza mai veramente scavare fino in fondo gli animi umani. Il racconto sembra non prendere mai il lancio verso qualche precisa tematica, quasi come se si trattenesse dal raccontarci qualcosa di più profondo. Eppure i temi ci sono, ma non vengono sfruttati al massimo. Sarà anche la scelta di non utilizzare nessuna colonna sonora a rendere le atmosfere più asettiche.
Amore e guerra: la guerra che muove le vicende umane, che ne dirige il corso e ne cambia le direzioni e poi l’amore, di una madre e di un padre verso un figlio, di un uomo verso il proprio gatto, di Martin verso Azra; l’amore che come una giostra, fa giri immensi e poi ritorna, nonostante le bombe sulla città e nonostante gli anni di contrasti e silenzi. Un film insomma che si presta bene, grazie anche all’omonimo romanzo di Ivica Dikic dal quale è ispirato, ma che manca di quell’energia e di quella direzionalità che porterebbe il pubblico a qualcosa di più concreto.
2/5


Pubblicato su: cinema4stelle

martedì 24 maggio 2011

Bambini nel tempo. Ian McEwan


Scrittura sofisticata e tema molto impegnativo, Bambini nel tempo è un libro che partendo da un pretesto riesce a mettere in discussione tutta l'esistenza. Stephen Lewis è un giovane autore di libri per bambini, felicemente sposato con Julie e papà di Kate, la quale scompare nel nulla un mattino d'autunno mentre è in coda al supermercato col papà. Rapita? Fuggita? Da questo drammatico momento Stephen inizierà una lunga ed estenuante ricerca della piccola che lo porterà inevitabilmente a fare i conti con se stesso e con tutto il suo passato. Una riflessione sulla vita trascorsa, per dare senso ad un presente che non ha più alcun significato senza Kate. Un padre provato, marito abbandonato, perché quando il dolore lacera l'anima è difficile stare accanto a qualcuno, un uomo che fugge e ritorna, che spera, che lotta, ma che cade ad ogni ostacolo. E' una riflessione sul tempo, perché bambina non è solo la dolce Kate, ma bambino è stato Stephen, bambino è Charlie, amico di Stephen e uomo dalla personalità complessa. Il tempo come cura del vuoto che sente Stephen, un uomo solo con se stesso e il proprio dolore. Il tempo come cura perché solo ricordando il passato con tutti i suoi personaggi, che si può pensare ad un oggi. Un libro angosciante e a tratti freddo, non scorrevole nella lettura e spesso fuorviante nelle digressioni, ma che ha una potenza significativa che va oltre ogni spiegazione. Il senso è tutto da cogliere e percepire. "Non si può vivere nel tempo presente, perché non esiste...perché noi siamo fatti di tutti i nostri ieri", ma poi succede qualcosa che ridà vita e speranza e come un cerchio la vita riprende laddove la si è lasciata. Il tempo, vero protagonista, è un galantuomo e ridà, a volte, ciò che toglie, e toglie, altre volte, ciò che dona, ma col quale tutti noi dobbiamo fare prima o poi i conti.

3,5/5


E se il Cavaliere fosse il Tempo?
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...